Ravenna, 16 ottobre 2019 - Maurizio Menarini è il direttore del 118 Romagna Soccorso . Il suo lavoro è in prima linea per le emergenze, tra cui ovviamente i problemi cardiaci.
Menarini, c’è stato un aumento degli arresti cardiaci negli ultimi anni? «C’è un arresto cardiaco ogni mille abitanti circa. Ciò che è aumentato in realtà è la frequenza nelle persone giovani rispetto al passato: parliamo della fascia 30-50 anni».
Come mai? «Ci sono tanti fattori. Chi sa di essere cardiopatico si cura, e la malattia si cronicizza: la situazione migliora. Nella fascia 30-50 anni invece capita che l’arresto cardiaco sia il primo segnale di un problema al cuore: queste persone erano già cardiopatiche, ma non lo sapevano».
Colpa anche degli stili di vita? «Può essere: stili di vita, fattori genetici... Possono esserci tante cose. Ciò che stupisce è che ci sono stati svariati casi in persone attive e senza patologie particolari. Un tempo l’arresto cardiaco era l’episodio più grave, a volte terminale, della malattia. Ora troppo spesso è il primo».
Penso ai casi degli ultimi anni riguardanti sportivi. C’è un legame tra arresto cardiaco e sforzo? «No, o almeno non necessariamente. Due casi su tre avvengono a casa, e magari a esserne colpita è una persona che non sta facendo nulla. Di fatto può capitare a chiunque. Poi chi sa di essere cardiopatico sa anche ciò che può e non può fare a livello di sport».
Che cosa si può fare per prevenire? «Uno stile di vita sano aiuta sempre: mangiare senza abbuffarsi, non fumare... Il fumo è un elemento di alto rischio. Poi occorre tenere controllata la pressione artesiosa, il colesterolo. E soprattutto se si presentano sintomi non trascurarli, ma fare dei controlli».
Un elettrocardiogramma è sufficiente per vedere se c’è il rischio di un arresto cardiaco? «Sì e no. L’elettrocardiogramma è come il fotogramma di un film: l’immagine può non lasciar presagire problemi, ma poi il resto del film può averne. Diciamo che le cose più macroscopiche si vedono, ma per altre non è sufficiente. Ma fare controlli su larga scala per tutti sarebbe impossibile».
Da quanto avete notato l’aumento degli arresti cardiaci tra i giovani? «Difficile dirlo. È un trend che si è affermato, mentre sono diventati più rari tra chi sa di essere cardiopatico e si cura da tempo. A prova del fatto che una buona terapia conta».
Dopo quanti minuti di arresto cardiaco si registrano danni al cervello? «Dopo 4/5 minuti, e dopo 10 diventano irreversibili. Per noi è quasi impossibile riuscire a essere sul posto in 4 minuti, e parliamo di persone che hanno ancora molti anni da vivere. Per questo è importante l’aiuto di tutti nelle manovre di rianimazione».