Quelle somme non appartenevano sin dall’inizio "né al gestore della struttura né all’amministratore della società". Ma erano "immediatamente dell’ente comunale": e cioè non avrebbero in alcun modo dovuto essere disperse "nel patrimonio societario" visto che si trattava di "danaro pubblico".
Riviera che vai, imposta di soggiorno che trovi. Anche se le regole di base - e di conseguenza le sentenze contabili per l’omesso versamento - sono davvero simili. Ciò ha portato nei giorni scorsi alla condanna della Fabilia Jesolo srl in liquidazione giudiziale (società di Milano Marittima) in solido con quello che è stato indicato in sentenza come amministratore e legale rappresentante (un 40enne di Cervia), a pagare quasi 68 mila euro al Comune di Jesolo in relazione alla gestione di un hotel sul litorale veneziano, il ’Fabilia Family Hotel’.
Secondo quanto rappresentato dai giudici erariali veneti, la società cervese non aveva riversato nelle casse comunali jesolane le somme riscosse dai turisti ospitati tra giugno e settembre 2021; e tra maggio e settembre 2022. Dagli atti risulta che la srl aveva peraltro "omesso di comunicare" il numero degli ospiti e le cifre esatte. E così gli importi dovuti, erano stati calcolati per il 2021 "sulla base dei dati resi disponibili all’ente locale" grazie a un decreto interministeriale del 2020. E per il 2022 sulla base di un "verbale di accertamento" del settembre di quell’anno compilato in seguito a un "sopralluogo del locale ufficio Tributi".
Ed eccoci arrivati ai quasi 68 mila euro: ma a chi spettava pagarli? Secondo le carte della procura erariale, la liquidazione giudiziale della società cervese era stata aperta nel maggio 2023 dal tribunale di Ravenna nei confronti di 11 società del Gruppo Fabilia, tra cui appunto la Fabilia Jesolo srl. Quest’ultima nell’ottobre 2018 aveva sottoscritto un contratto d’affitto con una società jesolana proprio per il Family Hotel: risolto - secondo i curatori della liquidazione - per inadempimento del locatario. Secondo l’amministratore della srl cervese, la ricostruzione della procura era errata in "punto di fatto e di diritto". In particolare il 40enne all’epoca era "anche il presidente del cda della Fabilia Group spa", sempre di Milano Marittima "e ora in liquidazione giudiziale". E "non aveva mai incassato direttamente alcuna somma a titolo di imposta di soggiorno, avendo delegato la gestione finanziaria del Gruppo - 11 società in tutto, ognuna delle quali gestiva almeno un Family Hotel -, ai vari direttori che avevano ampi poteri gestionali". In subordine aveva "invocato la causa di forza maggiore": e cioè "nessuna negligenza o volontà di non riversare le imposte al Comune" ma tutta colpa della "forte crisi finanziaria conclusasi con l’apertura della liquazione giudiziale".
Per i giudici invece le condotte erano state "palesemente illecite e di natura dolosa" perché nate dalla consapevolezza di "violare le prescrizioni comunali". In quanto alla gestione finanziaria, sin dalla nomina del marzo 2016, "non emerge in alcun modo che sia stata delegata".
a.col.