Era stato arrestato il 2 gennaio 2022. E poi condannato a un anno e mezzo per vari reati. Una situazione che aveva spinto prima la questura e poi la prefettura a revocargli la carta di soggiorno anche perché, tra le condanne, figurava quella per maltrattamenti. Peccato però che, come dato atto nella sentenza del Tar di Bologna pubblicata nei giorni scorsi, lo straniero in questione era invece stato assolto dall’ipotesi di maltrattamenti, peraltro uno degli elementi alla base del diniego alle sue richieste. Il collegio bolognese, presieduto dal giudice Paolo Carpentieri, ha insomma accolto il ricorso dello straniero, tutelato dagli avvocati Beatrice Belli e Giuseppe Lenzini, annullando i decreti dell’agosto 2023 e del settembre 2024 che lo avrebbero nel giro di breve proiettato fuori dall’Italia.
La sentenza che lo aveva cacciato nei guai, era stata pronunciata il 29 marzo 2022 ed era divenuta irrevocabile l’11 ottobre seguente. Secondo i decreti notificati al diretto interessato, in ballo c’erano diversi reati: maltrattamenti, violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale e minaccia a pubblico ufficiale. E c’era pure una misura cautelare: il divieto di avvicinarsi alla convivente, ai luoghi da lei frequentati e alla scuola dei figli minorenni. Nel complesso, "elementi ostativi al rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno".
Secondo il ricorso degli avvocati dello straniero, l’intera procedura era stata viziata da una erronea applicazione delle norme. E comunque i provvedimento erano stati emessi sulla base di "una condanna per maltrattamenti in famiglia mai subita". L’uomo era invece stato assolto anche "dall’accusa di violenza privata e non era mai stato imputato per minaccia a pubblico ufficiale".
Nella sentenza, i giudici bolognesi hanno innanzitutto rilevato "l’errore di qualificazione" del caso che "ha condotto all’applicazione di normative non pertinenti". In generale per adottare uno specifico provvedimento per motivi di sicurezza dello Stato - hanno scritto - "si tiene conto anche di eventuali condanne pronunciate da un giudice italiano". E quelli che vengono definiti "motivi imperativi di pubblica sicurezza", sussistono quando la persona da allontanare "abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta".
Comunque sia, vanno adottati "nel rispetto del principio di proporzionalità". Come dire che la sola esistenza di condanne penali "non ne giustifica di per sé l’adozione". Sono cioè vari i fattori con i quali ci si deve confrontare: la durata del soggiorno in Italia, l’età, la situazione familiare ed economica, lo stato di salute e di integrazione culturale oltre che i legami con il Passe d’origine. Nel nostro caso "l’amministrazione non ha adeguatamente qualificato la condotta tenuta" dallo straniero. C’è poi "l’errore nell’esame della sentenza di condanna a fondamento dei provvedimenti impugnati". Ovvero quell’assoluzione dall’imputazione di maltrattanti in famiglia. In definitiva, ricorso accolto e, vista la "particolarità della controversia", spese di lite compensante.
Andrea Colombari