
Verso la sentenza lo scontro in tribunale tra lo scrittore dei delitti partigiani e il figlio di Boldrini, che definì "boia di Codevigo". La difesa: "Tutto negli atti" .
La Procura di Ravenna chiede una nuova condanna (4 mesi) per lo scrittore Gianfranco Stella, noto per i suoi libri sui delitti partigiani. Ancora una volta, l’accusa è diffamazione, dopo la denuncia di Carlo Boldrini, figlio di Arrigo Boldrini, il comandante ’Bulow’ partigiano della 28ª Brigata Garibaldi che in un post su facebook, oltre che nei libri, aveva definito “boia di Codevigo”. Il processo si è aperto dopo che Stella si è opposto a un decreto penale di condanna e la sentenza è attesa per aprile. Secondo l’avvocato Andrea Maestri, che tutela l’erede Boldrini e ha chiesto 10mila euro di risarcimento, da un lato Stella ha sostenuto che il termine “boia” si riferisse a chi eseguiva materialmente le condanne a morte, dall’altro, attribuendo tale epiteto a Boldrini, lo ha indicato come responsabile delle esecuzioni sommarie avvenute a Codevigo, vicino Padova, tra il 28 aprile e metà giugno 1945, in cui furono uccise 136 persone, tra civili ed ex membri della Guardia Nazionale Repubblicana. Boldrini, figura di spicco della Resistenza, fu in seguito legislatore e membro dell’Assemblea Costituente. "Mai – ha detto Maestri – il presidente della Repubblica Scalfaro lo avrebbe fatto Cavaliere di Gran Croce se non avesse avuto un curriculum specchiato". L’avvocato Maestri ha inoltre evidenziato come Stella sia stato già smentito da storici autorevoli, tra cui Alessandro Barbero, e come vi siano state condanne in sede civile a suo carico per dichiarazioni diffamatorie analoghe, senza che abbia mai versato alcun risarcimento.
Per la difesa dello scrittore, avvocato Luca Tadolini, "Stella è perseguitato perché ha fatto studi rigorosi sui delitti partigiani". Il procedimento difetterebbe tecnicamente ("c’è un esposto, ma serviva la querela") e avrebbe violato il principio del ne bis in idem (divieto di doppio giudizio), in quanto Stella fu assolto nel 1991 dal Tribunale di Rimini e nel 2002 dalla Corte d’Appello di Bologna dopo aver definito “carnefici” gli esecutori della strage di Codevigo. La vicenda storica è stata inoltre trattata da altri studiosi "non tacciabili di revisionismo", come Lino Scalco, il quale ha indicato nei rapporti dei carabinieri, nel prefetto e nell’allora parroco le fonti delle esecuzioni condotte dalla 28ª Brigata Garibaldi, quando furono uccisi anche civili inermi, come una maestra e un giovane "colpevole solo di portare il cognome Farinacci". "Un sopravvissuto – le parole del legale – raccontò che Boldrini, prima della guerra, era stato nella milizia fascista, con lui giocava a carte e mai avrebbe immaginato di ritrovarselo come carnefice". Tadolini ha infine replicato alle dichiarazioni di Carlo Boldrini, il quale aveva ammesso che vi furono uccisioni di civili, sostenendo che il padre ne avesse proibito l’attuazione. "Il principio di responsabilità gerarchica vale per tutti, e così come si perseguono i criminali nazisti, anche i comandanti delle brigate partigiane devono rispondere delle azioni compiute sotto il loro comando". Lo scrittore a Ravenna era già stato condannato per avere definito killer un partigiano di Reggio Emilia.
Lorenzo Priviato