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Granata sul palco dello spettacolo che porta in scena oggi e domani al Goldoni
È un Argante alquanto camaleontico quello interpretato da Tindaro Granata in ‘Il malato immaginario’ di Molière, per la regia di Andrea Chiodi, che va in scena oggi e domani, alle 21, al teatro Goldoni di Bagnacavallo (biglietti da 18 a 28 euro,nfo 0545 64330). Si tratta del terzo allestimento dedicato ai classici per l’attore siciliano e il regista, di nuovo assieme dopo ‘La locandiera’ di Goldoni e ‘La bisbetica domata’ di Shakespeare.
Co-protagonista dello spettacolo è Lucia Lavia che, insieme agli altri interpreti della pièce, parteciperà al tradizionale ‘Incontro con gli artisti’domani alle 18, al Ridotto del teatro.
Granata, lei è tra i più giovani attori italiani nel ruolo di Argante dopo Romolo Valli, Turri Ferro e Gioele Dix, che però avevano già superato i 50 anni. Come ha accolto questa eredità?
"Con grande umiltà e gioia. Ovviamente il mio Argante riflette il modo di giocare con le voci e i personaggi che mi caratterizza, prende forma come un camaleonte man mano che entrano in scena i personaggi e questo accentua il suo mal di vivere, la sua ipocondria".
Quali altre particolarità potrà ammirare il pubblico?
"Anzitutto, in questa edizione di ‘Molière’, c’è una sovrapposizione più accentuata tra Argante e l’autore, che morì il 17 febbraio 1673, poco dopo aver abbandonato la scena di questa sua ultima grande opera. Quasi un testamento spirituale di un Molière deluso dal fatto di essere stato destituito dalla corte del re. Essendo più giovane, con me il regista non ha voluto giocare con una infermità. Inizio lo spettacolo dentro una vasca da bagno, dove il protagonista si sottopone ai purganti, anche questa peculiarità visto che non poteva esserci un luogo più intimo".
Qual il suo legame con il regista Chiodi, con cui ha messo in scena tre degli spettacoli teatrali più importanti al mondo?
"Ci unisce un grande affetto, siamo amici anche nella vita. In più abbiamo una storia simile: non abbiamo mai seguito scuole di recitazione, lui è stato scoperto da Piera Degli Esposti, di cui è stato a lungo allievo, e io da Massimo Ranieri".
Come è nata la scintilla per la recitazione?
"La passione è sbocciata in modo naturale quando ancora vivevo a Tindari, e facevo il geometra. Ogni momento era buono per andare in cineteca e guardare i film neorealisti italiani. Una volta lasciata la Sicilia, per due anni ho lavorato su una nave come meccanico-artigliere, occupandomi delle munizioni in navigazione. Infine sono approdato a Roma, dove per sette anni ho lavorato come commesso in un negozio di scarpe a due passi dalla fontana di Trevi, sognando di fare l’attore".
Può ricordare l’incontro con Ranieri?
"A uno dei corsi amatoriali che frequentavo, un giorno un ragazzo mi parlò di un provino importante. Andai con lui e fui subito scelto da Ranieri. Uscito da teatro mi venne da dire che quella era la mia casa".
Lei è stato candidato al premio Ubu per ‘La bisbetica domata’. Premio che ha vinto nel 2015-16 per il nuovo testo italiano di ‘Geppetto e Geppetto’, oltre al premio Hystrio Twister…
"Sono grato alla vita, fortunato. Mi reputo un privilegiato perché ho ricevuto ciò che forse tanti attori ancora non hanno ottenuto. Per questo, dopo tanti sacrifici, faccio questo mestiere con grande senso di responsabilità".
Roberta Bezzi