PAOLO CASADIO
Cronaca

Il fascino del presepe di Santo Stefano in Tegurio

In ’Natale a casa Cupiello’ c’è la famosa scena in cui Tommasino (Luca de Filippo) dice al babbo Lucariello (Eduardo...

In ’Natale a casa Cupiello’ c’è la famosa scena in cui Tommasino (Luca de Filippo) dice al babbo Lucariello (Eduardo De Filippo): "Il presepe nun me piace". L’opinione del figliolo non ha attecchito, vista l’impressionante quantità e diversità di presepi che si possono ammirare dovunque in questo periodo. Noi romagnoli però abbiamo rivisto questa tradizione e il merito lo dobbiamo a un dodicennne di Montiano, Quarto Gualtieri, che si mise in testa di vincere il primo premio per il presepe più bello, e lo vinse nel 1956 con il ’presepe meccanizzato’. Ecco l’ingegno, che va di pari passo con delicatezza, passione, amore, da allora parole d’ordine dell’associazione culturale Presepi Famiglia Gualtieri che continua l’opera di Quarto. L’idea ha fatto proseliti e oggi tanti sono i presepi meccanici presenti sul nostro territorio.

Credo, mi si corregga se sbaglio, che il più grande sia quello di Villa Prati, realizzato dall’associazione Amici del Presepe con materiali di recupero; poi tanti altri, di più modeste dimensioni ma di eguale creatività e cura dei particolari, si possono trovare nelle nostre chiese. Quello di Santo Stefano in Tegurio è uno di questi e raccoglie visitatori piccini e grandi, poiché il presepe ha un richiamo particolare che resta nonostante il trascorrere degli anni. Personalmente sono affascinato dalle mille declinazioni delle scene della natività che ogni edizione porta con sé, e parimenti impressionato dall’abilità dei curatori del presepe: con i materiali più eterogenei che vanno da parti di biciclette, motorini elettrici, biellismi, stantuffi, riescono a compiere miracoli d’animazione. E sì, impetto a queste scenografie che vedono l’alternarsi di giorno e notte, effetti speciali, ruscelli gorgoglianti vera acqua, maniscalchi al lavoro, fabbri alla forgia, galline razzolanti, indumenti appesi muoversi sotto i refoli del vento, lucignoli accendersi e spegnersi, carretti avanzare trainati da ciuchi, c’è da restare senza parole. La genialità dell’arte dell’accrocco, del riutilizzo ove si mescolano competenze elettriche, meccaniche e idrauliche; la perfezione delle ricostruzioni anatomiche, dei dettagli; la credibilità perfetta di questi plastici animati, tutto concorre a farmi ritornare bambino e ritrovare lo stupore di quell’età lontana e benedetta. E ammiro tanta bravura, tanta passione, tanta arte popolare in grado di commuovermi sempre.