
Il caso in periodo Covid. Mascherine non certificate. Ma è stato assolto
In piena pandemia da covid-19, nella primavera 2020 aveva importato la bellezza di 1.000 mascherine chirurgiche non certificate. E, in qualità di legale rappresentante di una srls di abbigliamento, le aveva lo stesso messe in vendita. A prelevarle per uso interno, erano state tre aziende di Ravenna. Dopo un sopralluogo della guardia di Finanza, l’uomo, un 42enne ravennate difeso dall’avvocato Filippo Bianchini, era finito nei guai per frode in commercio con conseguente decreto penale di condanna convertito in una multa da 2.250 euro. Ma, dopo essersi opposto alla decisione del gip, venerdì scorso il 42enne è stato assolto dal giudice monocratico Tommaso Paone "perché il fatto non sussiste". La procura ne aveva invece chiesto la condanna a 300 euro di multa.
Per capire le ragioni della sentenza, bisognerà naturalmente attendere il deposito delle motivazioni. Da subito è però possibile ipotizzare ciò che potrebbe avere fatto la differenza: l’uso solo all’interno delle aziende di quelle mascherine prive del certificato di conformità della Comunità Europea e della validazione dell’Istituto Superiore di Sanità. In tal senso, la difesa ha depositato una sentenza dello stesso giudice per 6.000 mascherine non certificate: qui veniva richiamata una pronuncia con cui la Cassazione nel 2020 aveva spiegato che la frode in commercio non si realizza se le mascherine vengono cedute ad aziende per il solo uso interno.
Nel nostro caso, 850 erano arrivate a una ditta di servizi; 100 a un’azienda del porto e 50 a un supermercato rivierasco. I guai per il 42enne si erano materializzati quando la mattina del 6 maggio di tre anni fa, le Fiamme Gialle erano giunte al deposito della sua società per un controllo. Al 42enne era stato chiesto in particolare se avesse commercializzato mascherine acquistate da una ditta di Alessandria e al centro di un sequestro realizzato dalla locale Compagnia della Finanza. L’uomo aveva ammesso l’acquisto di 1.000 pezzi con regolare fattura. E aveva spiegato di averli già ceduti tutti alle tre aziende ravennati per i loro dipendenti. Quindi si era adoperato al recupero delle mascherine ancora non utilizzate, ovvero in totale 347 poi consegnate ai militari. Al momento di esibire la certificazione di conformità europea, l’uomo aveva mostrato un certificato rilasciato da una srl del Bolognese.
Si trattava in particolare - secondo quanto poi attestato a verbale dagli inquirenti - di una certificazione prodotta su base volontaria: ovvero non richiesta da nessuna norma italiana o europea e che, come tale, non costituiva procedura di valutazione della conformità di quelle mascherine chirurgiche. Il commerciante non poteva insomma apporre il marchio ’CE’ il quale prevede precisi e rigorosi controlli. Quelle mascherine invece non li avevano superati quei controlli: nonostante ciò, recavano la stampigliatura del marchio CE, seppure impressa in maniera non simmetrica. Sul punto, il 42enne aveva assicurato di averle comperate in buona fede. Ma anche senza marchio CE, il reato non c’è.
Andrea Colombari