Due imprenditori, un esperto lavori e tre aziende. L’ultimo imputato, un ingegnere 53enne di Faenza, ha chiesto una messa alla prova. Mentre gli altri due - un 28enne di Lugo e un 57enne di Massa Lombarda - hanno optato per un rito abbreviato. La vicenda riguarda vari lavori eseguiti sul territorio ravennate nell’ambito del bonus facciate 90%. L’ipotesi accusatoria inquadra insomma fatture gonfiate ad arte per arrivare a incassare più del dovuto: tanto che erano già state chieste condanne a 2 anni e 3 mesi per il 28enne e a 8 mesi per il 57enne, oltre che sanzioni pecuniarie per le tre società. Si era insomma in attesa della sentenza: e invece ieri mattina il gup Andrea Galanti ha rinviato tutto a inizio febbraio quando disporrà una perizia per capire se i prezzi fatturati - e il conseguente bonus facciate - fossero congrui o meno con le cifre del mercato edilizio.
Secondo la richiesta di rinvio a giudizio a firma del pm Monica Gargiulo, il 28enne, in qualità di legale rappresentante di una srl di Sant’Agata, tra il 2020 e il 2022 aveva emesso fatture per operazioni ritenute insistenti per un totale di alcune centinaia di migliaia di euro. E assieme al 57enne, titolare di una società di Massa Lombarda, avrebbe attestato dati non veritieri che avevano permesso l’erogazione di un maggiore importo del bonus facciate per un sovrafatturazione totale calcolata in circa 180 mila euro.
In quanto al 53enne, era accusato di falso in relazione a una pratica rilasciata dall’Unione dei Comuni della Bassa Romagna per lavori in un immobile di Cervia: avrebbe cioè certificato dati ritenuti non veritieri sulla congruità dei prezzi in quanto risultati - secondo il pm - nettamente superiori ai limiti previsti dalla norma in materia.
Secondo la memoria deposita dalla difesa del 28enne e del 57enne - avvocati Giovanni Scudellari, Antonio Primiani ed Eleonora Raggi -, le fatture erano state emesse tutte a fronte di lavori effettivamente eseguiti nell’ambito di contratti di appalto portati a termine e pagati con somme corrispondenti a quelle pattuite.
In merito agli accertamenti induttivi della guardia di Finanza che avevamo portato a contestare la congruità delle tariffe, la difesa - anche sulla base delle conclusioni di una consulenza di parte - ha rilevato come nella quantificazione del prezzo siano comprese voci non considerate nei verbali dell’accusa; gli stessi materiali e le attrezzature non sarebbero stati individuati correttamente. In definitiva i prezzi indicati dall’impresa che aveva eseguito i lavori, per la difesa erano congrui a quelli di riferimento. Tanto che il bonus alla fine era stato ceduto a Enel X, società del gruppo Enel, ente partecipato dallo Stato il quale avrebbe cioè ritenuto corrette e veritiere le somme indicate nelle fatture tanto da acquistare il credito.
a.col.