ROBERTO
Cronaca

I cacciatori ’ambientalisti’: "I colombacci si riproducono ora. La Regione sbaglia a farli abbattere"

Federcaccia Faenza e l’avvocato Fabbri contestano la delibera: "La caccia è anche una questione etica"

Federcaccia Faenza e l’avvocato Fabbri contestano la delibera: "La caccia è anche una questione etica"

Federcaccia Faenza e l’avvocato Fabbri contestano la delibera: "La caccia è anche una questione etica"

Fabbri *

Sono passate ben 58 licenze di caccia sulle mie spalle, e certamente qualche “animalista” sosterrà che sono stato un distruttore della fauna. Non voglio comunque entrare in polemica con chi la pensa diversamente, il dibattito sarebbe lungo ed improduttivo e non è certamente lo scopo di queste mie poche righe. Mi preme precisare che la caccia deve avere un’etica che a suo tempo mi venne insegnata dall’allora Gino Gatta detto “Zalet”, primo sindaco di Ravenna dopo la liberazione, e dal Presidente della Federcaccia Sauro Poletti.

Ebbene, questi miei “maestri” dell’ars venandi ci prepararono per l’esame onde ottenere la licenza con una serie di imprescindibili lezioni: ci insegnarono soprattutto ad amare la natura, apprezzare lo spettacolo quotidiano e sempre mutevole di un’alba e di un tramonto, riconoscere la flora, gli alberi, dove potevano nidificare gli uccelli, le varie tipologie di volatili, quelli protetti, il periodo di migrazione, il riconoscimento in volo, i mammiferi, gli ungulati, i roditori, i mustelidi, insomma lezioni complete per inserirci nel mondo venatorio.

Vi era comunque un precetto sul quale si soffermarono parecchie volte, che mai avrebbe potuto e dovuto essere violato: la caccia non poteva essere attuata durante il periodo di riproduzione, né tantomeno qualsivoglia sparo, neppure a quelli che allora venivano definiti “nocivi”. Un vero e proprio comandamento che tutti “gli affiliati” di Sant’Uberto dovevano rispettare, pena naturalmente sanzioni amministrative e di natura penale, ma soprattutto generale denigrazione, per non aver rispettato l’etica venatoria e la possibilità di sparare solo in tempi e in luoghi determinati dalla legge a specie cacciabili.

Ora apprendo, con stupore, che la Regione Emilia-Romagna dal primo aprile scorso ha purtroppo acconsentito il piano di controllo per presunti danni all’agricoltura non solo del piccione, ma anche del colombaccio, che nulla ha a che vedere con il primo e, questo è incredibile e grave, durante il periodo di nidificazione.

Enorme stupore e sconcerto, poiché la politica pur di accaparrarsi voti dei soliti lamentevoli agricoltori e non pagare i danni, consente lo sparo al colombaccio che è uno splendido volatile da non confondere affatto con il piccione di città e di campagna: quello sì che reca danni e deturpa i monumenti con escrementi per ogni dove.

Autorizzare a sparare al colombaccio mentre sta cercando di alimentare i propri nidiacei, che inevitabilmente moriranno, privati dei genitori, con un piano quinquennale e previsione di undicimila capi all’anno per un totale quindi di 55mila esemplari è circostanza riprovevole e inaudita.

Chi pertanto partecipa a questi piani di pseudo controllo, ma vero e proprio massacro, benché autorizzato, si deve vergognare. Non è un cacciatore, né tantomeno un controllore, calpesta l’etica, è un volgare sparatore che vuole solo distruggere e “fare carne” e dev’essere estromesso dalle Associazioni venatorie, dal contesto di chi, pur cacciando ha un’etica, che deve sussistere in tutte le manifestazioni venatorie e di controllo che dir si voglia.

Prima di arrivare a questo “sterminio”, ci sono altri metodi, come dissuasori, cannoncini a salve o semplicemente risarcire chi ha effettivamente sofferto danni, tassando i cacciatori come già avviene. Cuius commoda, eius et incommoda: a colui che ha vantaggi, spettano anche gli svantaggi.

* Avvocato