Arriva per la prima volta a Ravenna ‘Gli ultimi giorni di Van Gogh. Il diario ritrovato’ di Marco Goldin, con musiche di Franco Battiato e animazioni video di Alessandro Trettenero. L’appuntamento è per mercoledì 3 maggio al teatro Alighieri. Lo spettacolo è parte del progetto collegato all’omonimo romanzo dello studioso e critico d’arte di Treviso nella particolare forma del diario immaginario, edito da Solferino e giunto alla quarta ristampa, da cui sono tratti la pièce teatrale di cui Goldin firma anche la regia, e alcuni podcast.
Goldin, da oltre 25 anni lei studia la vita e l’opera di Van Gogh al quale ha dedicato sei ampie mostre di grande successo, vari saggi e cataloghi, spettacoli teatrali e soggetti cinematografici. Cosa le ha fatto scattare la scintilla?
"Mi è piaciuto da subito per il dialogo forte tra arte e vita che si intrecciano di continuo. La sua grandezza consiste nell’aver fatto diventare pittura tutto ciò che è la vita e di non aver dato quindi una mera rappresentazione della sua vita. Per capirlo a fondo bisogna superare certi stereotipi e partire, per esempio, dalla visione di Walt Whitman che pone l’uomo al centro dell’universo e che ha molto toccato Van Gogh".
Per la prima volta però si è concentrato sugli ultimi giorni del grande artista. Perché?
"In generale, la parte finale della vita di tanti pittori viene considerata la più interessante, in quanto è la più piena di futuro paradossalmente, oltre che di emozioni, trasalimenti… In Van Gogh si acuisce il rapporto tra sé e lo spaziouniverso, come dimostrato dalla serie dei campi di girasole che dà proprio l’idea del suo perdersi nel grande ‘mantello’ nella vita".
Cosa ha reso così popolare Van Gogh che un po’ tutti riconoscono, anche chi non è esperto d’arte?
"La gente ama la strepitosa novità del colore, l’urlo del colore. Il suo occhio di pittore si concede la libertà di dipingere ciò che vede, ma straordinaria è anche la sua capacità di trasformazione che fa sì che l’erba all’improvviso diventi blu o un tronco d’albero rosso. L’aver avuto poi una vita drammatica, dolorosa, terminata con un probabile suicidio, ha poi di certo contribuito a farne un mito".
Tornando al suo spettacolo, questo groviglio di emozioni viene anzitutto esaltato in scena dalle immagini…
"Sì. Sul palco abbiamo ricostruito una parte della camera di Vincent nella locanda di Auvers, con lo scrittoio, una sedia e una lampada. A questa sobrietà, che ben esprime il suo desiderio di una vita povera, fa da contraltare la ricchezza delle proiezioni. Pezzo forte della scenografia sono, infatti, i tre grandi schermi che trasmettono video che in qualche modo raccontano i suoi quadri e i suoi luoghi". La musica ha un ruolo importante. Come è nata la collaborazione con Battiato e qualche rapporto aveva il cantautore con Van Gogh?
"Conobbi Battiato una decina d’anni fa e il nostro connubio iniziò a Bologna, nel 2014, con lo spettacolo ‘La ragazza con l’orecchino di perla’, in cui il cantautore non solo compose le musiche ma interpretò il ruolo maturo di Veermer".
E non è finita lì.
"No, due anni dopo, ci siamo ritrovati a chiacchierate alla mia mostra ‘Linea d’ombra’ a Treviso, proprio davanti ad alcuni quadri di van Gogh. E ci siamo trovati molto in sintonia. Dell’artista, Battiato amava la capacità di rapportarsi contemporaneamente con la carne e con lo spirito, il precipitare negli abissi e il risalire ad altezze celesti. Così, ho chiesto il consenso alla sua famiglia per poter usare alcune delle sue musiche strumentali".
Roberta Bezzi