REDAZIONE RAVENNA

Giungla di cemento. Ravenna maglia nera per il consumo di suolo. E il futuro preoccupa

Dossier dell’Ispra: con 81 ettari siamo la seconda città italiana dopo Uta per l’utilizzo senza freni di territorio per costruire edifici e strade. Scelte che non hanno di certo aiutato durante le alluvioni.

Giungla di cemento. Ravenna maglia nera per il consumo di suolo. E il futuro preoccupa

Dossier dell’Ispra: con 81 ettari siamo la seconda città italiana dopo Uta per l’utilizzo senza freni di territorio per costruire edifici e strade. Scelte che non hanno di certo aiutato durante le alluvioni.

Ravenna è la capitale della penisola in quanto a ettari di suolo consumati: a certificarlo è l’Ispra nel suo consueto rapporto annuale. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale conta a Ravenna 81 ettari netti di territorio ricoperti da cemento o asfalto. Si tratta del secondo valore italiano, dietro solo al comune di Uta, nel cagliaritano, e davanti addirittura a Roma, che nel 2023 si è limitata a 71 ettari. Il totale ravennate differisce dal valore lordo di 89 ettari in quanto quest’ultimo conta anche quei terreni che nel frattempo sono stati restituiti alla terra: è il caso di quelle porzioni smosse per la posa di tubature, che vengono poi ricoperte di strati di suolo. A issare Ravenna nelle prime posizioni della classifica sono anche le sue dimensioni – si tratta del secondo comune più esteso d’Italia – benché la città guidi la classifica regionale pure sotto il fronte del consumo di suolo pro capite: 3,32 metri quadrati per abitante nel 2023. Nell’annata che ha visto per intere settimane il territorio ricoperto dalle acque della doppia di alluvione di maggio non si è insomma fermato il lavorio di cementificatori ed asfaltatori, agevolati da una legge regionale contro il consumo di suolo fallata almeno quanto i martoriati argini dei fiumi. L’accostamento fra consumo di suolo e alluvioni non è una forzatura: fu tra gli altri l’urbanista Paolo Pileri, proprio sulle pagine del Carlino, a indicare come i due fenomeni siano strettamente legati: quando si asfalta o si cementifica una porzione di territorio aumenta di sei volte la quantità di acqua che ristagna in superficie, senza essere assorbita dal terreno. Pochi in Emilia Romagna sembrano esserne consapevoli, come spiega Ispra, visti i numeri delle nuove urbanizzazioni in un territorio in cui il 63% delle aree edificate ricade in fasce a pericolosità idraulica media (contro il valore nazionale del 12%), e i 123 ettari consumati entro una fascia di 150 metri dai corpi idrici.

L’Emilia Romagna presenta il massimo aumento di suolo consumato anche sulla costa: nella fascia entro i 300 metri dal litorale sono stati 39 gli ettari consumati nel 2023. Qui si annoverano anche i valori più alti di densità di consumo di suolo nelle fasce entro i 300 metri e fra i 300 metri e il chilometro, con, rispettivamente, 54 e 23 metri quadrati di nuovo suolo consumato per ogni ettaro. Numeri che chiamano in causa inevitabilmente anche Ravenna, che conta insieme a Cervia circa un terzo della linea costiera dell’Emilia Romagna: 48 chilometri su un totale di 135. Si tratta di valori preoccupanti soprattutto in chiave futura: le previsioni di qui al 2100 sotto il fronte dell’innalzamento del livello dei mari vedono Ravenna quale uno dei quattro epicentri italiani dell’erosione della costa, insieme alle pianura costiere di Taranto, Cagliari e Oristano. Nell’area del delta del Po l’ingressione marina potrebbe spingersi fino a varie decine di chilometri dalla linea di costa: un problema di difficile gestione in particolare nelle aree più densamente abitate. Entrando più nel dettaglio, Ispra suona la carica in particolare contro tre progetti che hanno contribuito a issare a quota 81 ettari il consumo di suolo a Ravenna, in primis "con diverse trasformazioni che hanno interessato la zona portuale, attraverso l’apertura di zone di cantiere per oltre 20 ettari". Ma non è tutto: Ispra entra in scivolata anche quando si parla della "costruzione di un nuovo quartiere per una superficie complessiva di sei ettari", e dell’ampliamento della statale Adriatica, "che ha convertito circa 3,5 ettari di suolo da naturale ad artificiale". Nel primo caso il riferimento è alla mega-urbanizzazione che sta vedendo la luce fra viale Europa e il canale Lama, nei pressi del Pala De Andrè.

Filippo Donati