
Il racconto di teatro educativo con Francesco Bianchi per il festival della comunità Educante. Al centro l’asso del ciclismo, classe 1914, che diventò un simbolo della forza italiana.
Nel mese di ottobre, nelle classi terze della scuola ‘Europa’ di Faenza, Francesco Bianchi, nell’ambito del festival della comunità Educante2024, ha presentato il racconto della vita di Gino Bartali dal punto di vista sportivo e umano. È stato un incontro di teatro educativo, un monologo senza scenografia e sovrastrutture in cui la parola e il racconto diventano i principali mezzi relazionali e comunicativi. Nel racconto si intrecciano le grandi imprese sportive di Bartali e le sue temerarie e giuste azioni che ricordano quanto sia importante scegliere da che parte stare.
Gino Bartali nacque il 18 luglio 1914 vicino a Firenze, in una famiglia contadina con due fratelli. Era un uomo molto corretto e onesto ma critico nei confronti degli altri. Arrivato alla sesta elementare, la sua scuola venne chiusa e quindi i suoi genitori decisero di iscriverlo ad una scuola di Firenze, distante 6 km da casa sua. Dato che la strada era troppo lunga i genitori di Gino gli regalarono una bici; da qui nacque la sua passione smisurata per il ciclismo e la decisione di diventare un corridore. Inizialmente il padre era scettico e, infatti, gli chiese se si guadagnasse, Gino rispose che si guadagnava solo se si vinceva. Allora il padre lo provocò domandandogli se fosse stato in grado di vincere, lui accettò la provocazione dicendo che ci sarebbe riuscito. Nel 1937 Gino partecipò alla sua prima competizione importante. L’anno dopo il governo fascista gli impose di andare a correre il Tour de France come simbolo della forza italiana. Lui vinse, ma invece che dedicare la sua vittoria a Mussolini, come erano successo nei campionati mondiali di calcio, la dedicò alla Madonna e si fece il segno della croce. Nel 1948 a oltre metà del tragitto, ha ventun minuti di ritardo sul primo della gara, in una tappa sulle Alpi francesi guadagna dieci minuti. Nella tappa dopo ne guadagna altri undici. Arriva al traguardo con dodici minuti di anticipo su tutti gli altri. Inizialmente viene accolto in silenzio ma alla fine tutti applaudono.
Gino Bartali, oltre ad aver partecipato a diverse manifestazioni sportive, è stato fondamentale per tutti quegli ebrei che cercavano di scappare dalla deportazione nei campi di concentramento. Durante il periodo del nazismo fu spinto dalla sua gentilezza e dalla sua empatia a rischiare la vita per circa 800 ebrei. Porse il suo aiuto nascondendo documenti falsi all’interno della bicicletta così che gli ebrei potessero scappare senza essere uccisi. Ogni giorno Gino Bartali percorreva la tratta di Genova-Firenze, Firenze-Lucca e Firenze-Assisi, tutta in bicicletta. Naturalmente in lui c’erano paura e ansia di essere scoperto, sia per la sua vita ma soprattutto per la sua famiglia e per tutti gli ebrei di cui aveva i documenti nella bici. Nella sua vita ci furono anche degli imprevisti; per esempio quando venne convocato dai fascisti a Villa Triste, dove lo trattennero per due giorni e due notti. Gli chiesero perché il Vaticano lo ringraziasse e lui rispose soltanto che aveva aiutato delle persone povere, cosa in parte vera. Dopo questa dichiarazione venne rilasciato. Non raccontò mai a nessuno delle sue imprese perché come egli stesso diceva: “Il bene si fa ma non si dice.”. Bartali morì il 5 maggio del 2000 a Firenze per un attacco di cuore.
Bianca Capucci, Rebecca Cavina, Donato Maioran, Maria Beatrice Palli, Niccolò Ravaioli, classe 3^D, scuola media ‘Europa’ di FaenzaProf Sabrina Cestin