REDAZIONE RAVENNA

Giglio d’oro, l’inchiesta. Gli ex dipendenti:: "Microspie installate per controllarci"

Nelle denunce la presenza di un cane in cucina e maltrattamenti verbali. La difesa: "Accuse false, lo dimostreremo nelle sedi opportune".

Giglio d’oro, l’inchiesta. Gli ex dipendenti:: "Microspie installate per controllarci"

Microspie per controllare i dipendenti e anziani ospiti maltrattati verbalmente. Sono le novità che emergono dalle denunce degli ex dipendenti nel contesto dell’inchiesta sulla casa per anziani il Giglio d’Oro, che vede indagati padre, madre e figlia che dal primo gennaio 2020 hanno in gestione la struttura di via don Mesini. La Polizia locale contesta l’esercizio abusivo dell’attività infermieristica svolta da una 57enne, Filomena Graziano, moglie del gestore di fatto e madre della legale rappresentante. In aggiunta a ciò, è emersa la presunta falsità di una comunicazione al Comune circa l’assunzione di una nuova coordinatrice infermieristica. Gli indagati hanno un contenzioso aperto, su vari aspetti, con la vecchia gestione, che a fine 2019 cedette una parte di quote e si trovò estromessa. In questi quattro anni tutti i 14 dipendenti si sono licenziati o sono stati allontanati. Molti di loro hanno presentato denunce alla Polizia locale e Guardia di finanza. Uno di questi racconta come la famigliaMarucci subentrata fosse "aggressiva, verso di noi e verso gli ospiti". Un giorno saltarono fuori anche alcune microspie: "Ci dissero che le aveva piazzate in cucina e nelle stanze la vecchia gestrice, che noi difendevamo, in realtà erano stati loro. Molti di noi si sono poi ritrovati a casa". Si parla anche di "lavoratori non in regola", al riguardo gli accertamenti della Polizia locale hanno trovato riscontri, mentre la 57enne "somministrava le terapie senza averne titolo". Tra gli aspetti lamentati, anche il fatto che i gestori tenessero un cane le cui deiezioni sarebbero state rinvenute in cucina. Sulla vicenda replicano gli attuali gestori, tramite l’avvocato Domenico Serafino. Riguardo al ruolo di Filomena Graziano "è quello di volontaria, diplomata Oss, e non di infermiera professionale coordinatrice. Tale ruolo, come dimostreremo nelle sedi opportune, apparteneva effettivamente a una persona che non solo possedeva i titoli, ma anche l’esperienza per poter svolgere le mansioni di coordinatrice. La persona in questione, all’atto del controllo da parte degli operatori, era presente in struttura e non all’estero". Ma in un controllo del 28 febbraio 2023 gli agenti annotano che la presunta coordinatrice "non è mai stata dipendente di tale società e dal mese di maggio 2022 l’azienda non risulta avere alcun dipendente registrato". Secondo gli ex dipendenti, "la sola ad avere la disponibilità delle chiavi dell’infermeria era la famiglia Marucci".

Il loro legale aggiunge che la Graziano "rispondeva alle sollecitazioni da parte degli operanti in ordine alle mansioni svolte nella struttura, alle terapie da somministrare per come richiedeva il suo ruolo e funzione". Riguardo alla coordinatrice infermieristica e la "circostanza della residenza all’estero, la si ritiene in realtà legata ad una temporanea scelta strategica dell’interessata legata a ragioni fiscali", mentre la documentazione inviata al Comune era stata "preventivamente consegnata dalla stessa infermiera al legale rappresentante della società che gestisce la comunità alloggio". Infine, sul ritrovamento di cibo scaduto, la difesa precisa che era "tutto proveniente dalla Caritas con timbro Ue la cui riferibilità a una volontaria della struttura era comprovata dalla sua dichiarazione". Il caso diventa anche politico con un’interrogazione del civico Alvaro Ancisi, su cosa, dopo il focolaio covid della Pasqua 2020, "abbia impedito provvedimenti sospensivi o annullativi dell’autorizzazione rilasciata alla comunità".

Lorenzo Priviato