Ravenna, 18 ottobre 2024 – I giochi che le aveva proposto in Rete, erano ’obbligo o verità’ o ancora ’strip black jack’. E cioè chi vinceva, chiedeva all’altro di togliersi un indumento e di inviare la relativa foto. Lei, studentessa ravennate 16enne all’epoca dei fatti, credeva all’inizio di chattare con un 20enne di nome Andrea. E invece dall’altra parte c’era un ultra-40enne ravennate da ieri mattina a processo per produzione di materiale pedopornografico e per avere ceduto stupefacenti (canne e cocaina) alla giovane. L’imputato, incensurato e difeso dagli avvocati Carlo Benini e Giovanni Proni, è accusato anche per una seconda studentessa, all’epoca di 17 anni, questa volta pavese dalla quale avrebbe ottenuto immagini hot su commissione. La prima ragazza si è costituita parte civile con l’avvocato Giovanni Scudellari.
Le indagini della squadra Mobile ravennate, coordinate dal pm bolognese Giampiero Nascimbeni, erano partite da un esposto dei genitori della 16enne su quanto in quel periodo era accaduto alla figlia. In particolare avevano riferito di conoscere quello che oggi è l’imputato da diversi anni tanto da averlo considerato un amico di famiglia. A un certo punto si erano persi di vista fino a quando lui si era fatto sentire via Facebook proponendo una pizza tutti assieme: ed è in quella circostanza che aveva incontrato di nuovo la 16enne. I primi dubbi erano giunti quando la ragazza aveva ricevuto un sms proprio da quell’uomo: e siccome lei avrebbe dovuto trovarsi in biblioteca, la madre aveva attivato la funzione di geolocalizzazione da cui era emerso che in realtà la minore si trovava a casa dell’amico di famiglia. La cosa aveva generato varie discussioni anche con l’uomo: e i rapporti si erano interrotti di nuovo. Una sera la ragazza, dopo un repentino cambio d’umore, aveva chiesto alla mamma di potere rimanere con lei a dormire e di non andare a scuola all’indomani. Si erano accumulati altri dubbi: e, grazie a una applicazione, la madre aveva capito che la figlia aveva un nuovo Iphone oltre al suo telefonino. E così si era risolta a estrapolare le chat della ragazzina e aveva capito che con quell’uomo c’era stato scambio di immagini e messaggi. I genitori avevano infine incaricato la Diag investigazioni per dare una occhiata al computer della figlia: e tra i dati, ecco immagini intime sia di lei che di un adulto.
Caso in questura. E l’analisi dei dispositivi e degli account attribuiti al sospettato, aveva in effetti evidenziato contatti tra una persona che si era indicata con un altro nome (Andrea appunto) e un’altra città (Milano). Ma l’utenza del cellulare usato, per gli inquirenti era la stessa. In ogni modo, in quelle conversazioni comparivano inviti espliciti alla 16enne a sperimentare alcol e droghe e a compiere esperienze sessuali. Una manipolazione continua - secondo la relazione conclusiva della polizia - culminata nel caso della 16enne nello scambio di foto intime. Per quanto riguarda la 17enne, è emerso che realizzava foto e video intimi a pagamento e che l’imputato, dichiarandosi interessato, le avrebbe inviato immagini di altre giovani (delle quali però non è stato possibile accertare l’età) per farle capire il tipo di materiale che gli interessava circa pose e inquadrature.Le analisi del computer dell’uomo, aveva permesso di rintracciare 59 foto con ragazze nude o con parti dei loro corpi esposte, anche se non è stato possibile accertare se si trattasse di minorenni.
Ieri mattina davanti al collegio penale presieduto dal giudice Antonella Guidomei, hanno preso la parola sia la madre della 16enne, che ha confermato tutto quanto già riferito in esposto. Che la ragazza, la quale ha ricostruito il primo contatto con il sedicente Andrea e ha ricapitolato le scuse addotte per avere sue foto intime: imparare a fare foto di nudo artistiche. La giovane ha quindi confermato di avere consumato cocaina a casa dell’imputato. E di avere un giorno realizzato che Andrea e l’amico di famiglia erano in realtà la stessa persona.