ROBERTA BEZZI
Cronaca

Folgorato dal bardo: "Porto sul palco i suoi capolavori"

Romano Reggiani stasera al Socjale di Piangipane alle 21.30 con ’Bob Dylan. Una rivoluzione beat’.

Romano Reggiani in uno scatto di Sergio Marchioni

Romano Reggiani in uno scatto di Sergio Marchioni

Per chi come lui si definisce un vero ‘Dylaniato’, è la realizzazione di un sogno a lungo coltivato lo show ‘Bob Dylan. Una rivoluzione beat’, dedicato al grande mito degli anni Sessanta, la voce di una generazione. A idearlo, scriverlo e interpretarlo è il cantante, musicista e attore bolognese trentenne Romano Reggiani. Suonando, cantando e interpretando i classici senza tempo del ‘menestrello di Duluth’, Reggiani e la sua band – formata dal batterista Riccardo Frisari, dal chitarrista Michele Tavian e dal bassista Nicola Ruggeri – omaggiano la poesia visionaria di Dylan. Lo spettacolo è in programma questa sera alle 21.30 al Teatro Socjale di Piangipane. "Sono onorato di essere stato chiamato dal direttore artistico Filippo Padovani a chiudere la rassegna di un teatro storico a cui tengo molto. Sarà anche l’ultima tappa del mio tour, in attesa di riprenderlo in autunno". Reggiani, è corretto avvicinare il suo show al teatro-canzone alla Gaber?

"Sì, nella misura in cui lo spettacolo è un susseguirsi di musica, parole, traduzioni, citazioni, video. Nel complesso è un lavoro molto ‘ballerino’ e divertente, con un primo atto acustico in cui sarò solo sul palco e un secondo atto puramente rock insieme alla mia band".

Com’è nata la sua passione per Bob Dylan?

"Suono da quando ero bambino. Sono rimasto folgorato dalla musica da quando, nel 1997, ho assistito al concerto di Dylan per il Papa a Bologna, seduto sulle spalle di mio padre. Crescendo è maturata in me la necessità di portare in teatro uno spettacolo teatrale per far comprendere come Dylan sia il punto di partenza del pop di oggi. Per me, è stato una fonte di ispirazione. Sono proprio ‘fissato’ con lui, un vero fan. Poi nel tempo ho scoperto anche Francesco De Gregori, che per me è sullo stesso piano".

Lei si è anche diplomato al Centro sperimentale di Cinematografia di Roma e da dieci anni sta portando avanti una brillante carriera in tv e al cinema. Cosa è venuta prima, la musica o la recitazione?

"Forse la musica per via di Dylan ma è difficile dirlo perché recitavo già all’oratorio e tutti mi dicevano che ero portato. Motivo per cui poi mi sono messo a studiare seriamente dopo la maturità. La musica è ancora oggi una segreta passione. Non faccio teatro di prosa ma mi piace portare in giro la musica che per me è un po’ una necessità attoriale".

Lei ha debuttato al cinema con Marco Pontecorvo nella commedia ‘Tempo instabile con probabili schiarite’. Poi per due volte è stato diretto dal maestro Pupi Avati: cosa le ha insegnato?

"Con Pupi ho lavorato in ‘Dante’, di cui alcune scene sono state girate anche a Ravenna, dove interpretavo Cavalcanti. Più di recente ho interpreto un pubblico ministero ne ‘L’orto americano’ che ha partecipato all’ultima Mostra del cinema di Venezia. È stato lui a farmi capire cosa vuol dire recitare, come fare bene".

Roberta Bezzi