A volte a casa sua organizzava festini coinvolgendo fino a una ventina di ragazzini. Metteva su la musica e offriva pizza e panini per tutti. "Era sempre lui che diceva ’pago io pago io...’ però se dopo lui voleva toccare e qualcuno diceva no", ribatteva: "Come? Io che vi ho pagato tutte quelle cose...".
Se insomma per ora sono tre i giovani tra i 15 e i 17 anni che figurano quale parte offesa, potrebbe presto allagarsi l’indagine a carico dell’ultra-sessantenne ex dirigente sportivo del Faentino finito prima in carcere e poi ai domiciliari (su istanza del suo avvocato Laerte Cenni) con le accuse di violenza sessuale e prostituzione minorile. Ovvero – secondo le indagini della polizia coordinate dal pm bolognese Elena Caruso – regali per arrivare a ottenere sesso.
E che nel suo comportamento ci fosse qualcosa di strano – vedi la reiterata presenza durante le docce degli atleti –, i genitori lo avevano capito già dall’anno scorso: tanto che – come riferito nell’ordinanza cautelare a firma del gip Letizio Magliaro – le lamentele avevano portato prima al suo allontanamento e poi alle sue dimissioni. I sospetti erano venuti anche ai genitori di alcuni dei ragazzi tornati a casa con regali talvolta costosi. Per uno in particolare prima avevano chiesto spiegazioni sentendosi rispondere dal figlio che "era perché aveva tanti soldi".
Poi avevano preteso che il giovane non rispondesse più ai messaggi di quello che era il suo dirigente. "Sì, per un momento sono stato a casa – ha ricordato il ragazzino in questione davanti agli inquirenti –, non gli scrivevo più, non gli rispondevo più a niente, l’ho bloccato, cose varie". Ma l’ultra-sessantenne – prosegue l’accusa – continuava a chiedere in giro ai suoi amici dove fosse finito. A uno avrebbe addirittura chiesto questo: "Fagli un video mentre si fa la doccia".
Determinato insomma nel suo obbiettivo, tanto che in una occasione si sarebbe spinto a minacciare un minore di raccontare in giro cosa era accaduto nel caso non lo avesse assecondato: "Se non vieni a casa con me lo dico a tutti". Un’autentica liberazione per il giovane quando la polizia del Commissariato manfredo era intervenuta per la prima volta per identificare lui e l’uomo in quel momento assieme in auto: "Sono contento che finalmente posso dirlo, perché finora non lo avevo detto a nessuno", le sue parole a caldo.
Del resto il livello di prevaricazione dell’indagato, secondo le testimonianze rese agli investigatori, aveva raggiunto livelli davvero notevoli: "Tutte le volte gli dicevo di smettere, certe volte mi cercavo di difendere, lo spingevo e lui mi diceva: ’ma ti rendi conto di quello che fai? E’ aggressione!’. Sembrava lui quello che subiva". E invece il gip lo ha chiarito ampiamente nell’ordinanza: anche se "l’adesione da parte dei minori alle richieste era accompagnata dai vantaggi di natura economica che il medesimo forniva", non c’era certo un "piano di parità tra le vittime e l’indagato". A fare la differenza erano le loro "condizioni economiche" e lo "stato di soggezione nei confronti dell’adulto".
Emblematiche le sortite per andare a fare shopping pure in centri commerciali di Ravenna e Bologna: "Innumerevoli spese – le ha definite il giudice anche sulla base degli accertamenti finanziari fatti dalla squadra Mobile ravennate – per soddisfare i desideri dei minori al fine di assicurarsi la persistente frequentazione" con "pretesa di favori sessuali". E in questa direzione, non ci sono solo i 26mila euro partiti dal conto dell’indagato in regali in poco più di due anni. Ma, ancora una volta, i racconti dei minori: "Gli comprava un po’ tutto quello che serviva e che gli chiedeva, non solo per sé ma anche per i suoi amici (...). Con quei soldi ho comperato un paio di scarpe da 180 euro e una tuta da 210 euro".
Andrea Colombari