REDAZIONE RAVENNA

Fallimenti Romauto, Arca e Asa: "Condannate Musca a 9 anni. A 7 la moglie e il figlio Nicola"

Le richieste del pm Gargiulo. Tra le accuse l’associazione per delinquere e la bancarotta fraudolenta

Fallimenti Romauto, Arca e Asa: "Condannate Musca a 9 anni. A 7 la moglie e il figlio Nicola"

Le richieste del pm Gargiulo. Tra le accuse l’associazione per delinquere e la bancarotta fraudolenta

Nove anni per l’immobiliarista ed ex vicesindaco di Ravenna Giuseppe Musca, sette per la moglie Susi Ghiselli, sette per il figlio imprenditore Nicola Musca, sette per il bolognese Antonio Costa, tre per la commercialista romana Giuseppina Gallo, quattro e 10mila euro di multa per il palermitano Davide Alicata e quattro per il ravennate Andrea Valente. Queste sono state le richieste di pena, ieri mattina in tribunale a Ravenna davanti al collegio penale presieduto dalla giudice Cecilia Calandra con a latere i colleghi Cristiano Coiro e Cosimo Pedullà, del pm Monica Gargiulo nell’ambito di uno dei procedimenti legati alle bancarotte conseguenti ai fallimenti di tre società storiche del tessuto economico ravennate: Asa Holding, Romauto e Arca. Tre le contestazioni a vario titolo agli imputati, difesi tra gli altri dagli avvocati Domenico Di Terlizzi, Giorgio Guerra, Filippo Furno, Gianluigi Lebro e Luisa Caliendi, figurano l’associazione per delinquere, la bancarotta fraudolenta, il falso in bilancio e l’autoriciclaggio.

Ieri mattina, dopo le dichiarazioni spontanee di Nicola Musca in seguito alla richiesta della parte civile, rappresentata dall’avvocato Franco Moretti, di estendere il sequestro conservativo su una parte di quote di Musca junior in relazione a due società, è iniziata la lunga requisitoria del pm Gargiulo che ha ripercorso le vicende legate ai fallimenti delle tre società per un totale di 33 milioni di passivo.

In particolare, riferendosi alle dichiarazioni dell’imputato Giuseppe Musca, presente ieri in aula, che nel corso del procedimento ha affermato di non avere mai perseguito alcuno scopo illecito nelle operazioni messe in atto il pm Gargiulo si è chiesta il perché del sistematico fallimento sfociato in altrettanti procedimenti di bancarotta fraudolenta di una serie di società riconducibili a quello che definisce "gruppo Musca", considerando anche la preparazione dello stesso Musca ("Sa benissimo come muoversi per ottenere vantaggi"). E poi ha precisato che quella della Procura "non è una persecuzione ai danni di Musca e della sua famiglia ma la necessaria drammatica presa d’atto che il coacervo di operazioni" che hanno portato al fallimento di Arca e poi di Romauto e Asa avevano come scopo quello di perseguire un fine illecito: "lasciare al suo destino una società gravata dai debiti" "mai messa in condizioni di onorare i propri debiti". Il pm ha parlato di varie "condotte distrattive" negli anni e di un’"associazione a delinquere che ha continuato a operare nonostante le verifiche in atto, perquisizioni, sequestri". Insomma – ha dichiarato il pm – "sostenere che Musca abbia agito per il benessere delle società e dei creditori sono affermazioni fantascientifiche. Voleva solo portare vantaggi alle sue società". Da qui le richieste di condanna con anche la richiesta dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici per Giuseppe e Nicola Musca, Susi Ghiselli e Antonio Costa e per 5 anni per gli altri imputati.

L’avvocato di parte civile Moretti ha affermato poi in buona sostanza che per il periodo al centro del dibattimento, dal 2007 al 2018, non è emerso alcunché che giustifichi che il gruppo non fosse dedito ad attività illecita. In particolare, ha posto l’attenzione su alcune dichiarazioni di Musca definendolo "uomo padre padrone, marito padrone" che era al centro di un gruppo di persone consapevolmente partecipi nell’associazione.

Di tutt’altro avviso l’avvocato Domenico Di Terlizzi, difensore di Giuseppe Musca, che ha criticato la Procura e il suo "teorema" accusatorio. Ripercorrendo i fallimenti delle tre società, il legale ha smontato punto per punto le tesi accusatorie chiedendo l’assoluzione del proprio assistito perché il fatto non sussiste o non costituisce reato a seconda dei reati sostenendo relativamente al fallimento Romauto che Giuseppe Musca avrebbe "preso una sola" e, anche in ragione del capitale immesso pari a quasi mezzo milione di euro, non avrebbe agito per far fallire la società. Sono seguite le arringhe delle altre difese che hanno chiesto assoluzioni per i loro assistiti. Il processo è stato rinviato a inizio marzo per repliche e sentenza.

Milena Montefiori