Falciò tre persone dopo la rissa. Non supera la messa alla prova, la polizia lo riporta in carcere

Nel 2015 un cittadino macedone, all’epoca 18enne, a Lido Adriano investì con l’auto padre, figlio e un amico dopo la lite in un bar. Aveva beneficiato di un programma di reinserimento, ma l’ha disatteso.

Falciò tre persone dopo la rissa. Non supera la messa alla prova, la polizia lo riporta in carcere

L’auto con la quale l’allora 18enne investì tre persone a Lido Adriano

Non si può dire che l’uomo arrestato ieri mattina sia un volto nuovo per le forze dell’ordine. A ventisette anni, Emel Lazimi, cittadino macedone, si è già costruito un passato decisamente ingombrante, tanto che la sua storia recente sembra la trama di un film drammatico in cui il protagonista non riesce a sfuggire ai suoi stessi errori. Ieri mattina la Squadra Mobile di Ravenna lo ha arrestato nel pieno centro cittadino, riportandolo in carcere in esecuzione di un provvedimento di aggravio emesso dall’Ufficio di Sorveglianza di Bologna. Il motivo? Le violazioni del programma di reinserimento cui aveva avuto accesso grazie a un regime di “messa alla prova“.

Tutto cominciò in una fredda notte di dicembre 2015 a Lido Adriano. All’epoca appena diciottenne, l’uomo – allora in evidente stato di ebbrezza – si mise nei guai per una discussione animata in un bar con tre uomini (padre e figlio di nazionalità kosovara e un amico serbo), che raggiunse livelli estremi. Nel locale volarono botte e bicchieri. Dopo il litigio, anziché lasciarsi tutto alle spalle, decise di vendicarsi e attendere i tre all’uscita dal locale. Al volante della sua Alfa 156, con gli occhi annebbiati dall’alcol e dalla rabbia, tentò due volte di investirli. La prima fallì; la seconda invece andò a segno, lasciando dietro di sé una scena da incubo. Uno dei tre rimase incastrato sotto l’auto e solo l’intervento dei soccorritori, con tanto di cric, riuscì a liberarlo. All’ospedale, i medici constatarono la gravità delle ferite: fratture multiple alle gambe, al bacino e alle costole. All’indomani l’allora 18enne – difeso dall’avvocato Saverio Caruccio – disse di avere reagito in quel modo per paura, descrivendo la dinamica dell’investimento come involontaria. In realtà le conseguenze legali di quel gesto non tardarono ad arrivare: l’uomo fu processato e condannato per tentato omicidio plurimo, con una pena di poco superiore a quattro anni, alla quale se ne aggiunsero altre.

Eppure, nonostante la gravità del reato, ottenne una possibilità di reinserimento con un programma di messa alla prova. Sembrava un’occasione per riscattarsi, per dimostrare che era possibile cambiare. Ma questa fiducia si sarebbe rivelata mal riposta: il giovane ha violato più volte il programma, finendo per disattendere quelle condizioni che avrebbero potuto tenerlo lontano dal carcere. L’Ufficio di Sorveglianza di Bologna ha revocato il beneficio della messa alla prova al 27enne, che peraltro risulta già condannato anche per altri reati. E la Squadra mobile, localizzandolo in centro a Ravenna, lo ha condotto presso la locale casa circondariale. Sconterà qui gli ultimi mesi di una pena che avrebbe potuto estinguere da uomo libero.

Lorenzo Priviato