È un paradosso quello che si materializza in casa dem nella nottata fra lunedì e martedì: l’elezione a presidente regionale di Michele de Pascale viene fatalmente a coincidere con l’assenza dal prossimo consiglio di un esponente del Pd ravennate. Non era mai successo in 54 anni: si interrompe così il passaggio di un testimone che dal 1970 a oggi, attraverso Pci, Pds, Ulivo e Pd, era stato portato avanti da Sergio Cavina, Decimo Triossi, Elsa Signorino, Vasco Errani, Fabrizio Matteucci, Miro Fiammenghi e Gianni Bessi. Cosa non ha funzionato per il prescelto Massimo Cameliani, dato da tutti come favorito per il ruolo di più votato? In primis non ha tenuto il ticket con Eleonora Proni: l’ex-sindaca di Bagnacavallo, con 8800 preferenze, ha cannibalizzato la Bassa Romagna e il forese ravennate, tenendo a Ravenna e raccogliendo preferenze anche sull’Appennino, in particolare fra le elettrici.
Alle sue spalle si è registrato un exploit altrettanto spettacolare; con 5800 preferenze il faentino Niccolò Bosi, da outsider, si è conquistato un’elezione in cui non partiva favorito. Decisivo per lui un pieno di preferenze sorprendente non solo a Faenza (dove ha sfiorato quota 4000), ma anche nei comuni dell’Appennino. Cameliani, a quota 4600, ha raccolto preferenze soprattutto nell’area urbana: non abbastanza, considerando che a Cervia, dove Corsini incassava migliaia di preferenze, è stata Eleonora Proni a vincere.
Il centrosinistra, che ha registrato la doppia débâcle di 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra – fermi al 3,4% e al 3,7% –, è andato a un soffio dall’eleggere un terzo consigliere, e cioè il civico Pierluigi Zanotti. La lista ‘Civici’ in regione ha ottenuto due seggi: con appena qualche voto in più sarebbe scattato il terzo, e in quel caso sarebbe toccato proprio a Zanotti. Chi ha rispettato i pronostici è stato Alberto Ferrero: dato per blindato, il segretario di Fratelli d’Italia ha sofferto qualche brivido davanti ai voti incamerati dal collega Stefano Bertozzi, ma alla fine, con 3100 voti, è risultato eletto.
L’exploit di Bertozzi – 2600 preferenze per lui – non è stato sufficiente a consentirgli il sorpasso. Tanti i motivi di rammarico per il faentino: il mancato coalizzarsi del centrodestra su di lui (contrariamente a quanto in buona parte accaduto a sinistra per Bosi), un sostegno non sempre compatto anche nella Romagna faentina, dove pure ha raccolto messi di voti, una campagna partita tardi causa i tentennamenti della dirigenza. Chi sperava che una sua mancata elezione lo indebolisse ha comunque mancato l’obiettivo: Bertozzi non è stato eletto consigliere, ma le sue 2600 preferenze ne fanno probabilmente il candidato sindaco in pectore per il centrodestra in vista delle future amministrative faentine.
Filippo Donati