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avenna, 23 dicembre 2024 – ‘Pretini tra le nuvole’, ’Suorine con cane’, ’Pretini spaventati’. A qualcuno tra coloro che sono digiuni di arte, potrebbero sembrare i titoli di storielle da osteria. E invece si tratta di opere del maestro Nino Caffè, nato nel 1908 in provincia dell’Aquila, morto nel 1975 a Pesaro e a lungo con uno studio a Roma. E proprio i pretini indaffarati in occupazioni varie caratterizzano la sua pittura.Nel nostro caso però si tratta di tre tele false: almeno secondo il pm Stefano Stargiotti che nei giorni scorsi ha chiesto, e ottenuto, il rinvio a giudizio di un ultrasettantenne ravvenate per contraffazione di opere d’arte e per truffa. Secondo la procura avrebbe cioè attestato che quei tre dipinti, realizzati tra il 1963 e il 1964, erano veramente dell’artista Caffè, tanto da venderli per 750 euro a un altro ravennate, un 51enne parte civile con l’avvocato Giacomo Scudellari. Secondo la denuncia presentata proprio dall’acquirente alla stazione dei carabinieri di via Alberoni nel maggio dell’anno scorso, quei dipinti lui li aveva visti su una piattaforma commerciale online e, nel gennaio del 2021, aveva deciso di acquistarli.
Per questo aveva contatto al cellulare il venditore rassicurato anche dal fatto che –prosegue la denuncia – dalle informazioni raccolte risultava che il venditore fosse gallerista e archivista proprio del pittore in questione. Ormai convinto di quell’acquisto, si era deciso a chiudere la compravendita davanti all’ufficio postale di via Bovini, consegnando 500 euro in contanti al venditore ai quali aveva aggiunto il resto della somma (250 euro) attraverso due ricariche su una postepay.
Davanti ai carabinieri aveva descritto anche le caratteristiche somatiche del gallerista nel caso ci fossero dubbi sulla sua identità. Poi lui si era tenuto quei quadri per qualche mese, decidendo quindi di cederli nella primavera di quello stesso anno a una casa d’aste di Ferrara. L’amaro caffè gli era stato servito nell’aprile dell’anno scorso attraverso una raccomandata con la quale la casa d’aste estense, attraverso il proprio avvocato, gli chiedeva 1.500 euro di risarcimento. La ragione? Quelle opere - secondo la raccomandata - risultavano contraffatte e al centro di un’indagine della procura di Ravenna. E così lui aveva incaricato il suo avvocato di seguire la questione per cercare di quantificare il danno patito.
L’ultimo sussulto era arrivato il 9 di maggio sempre dell’anno scorso quando i carabinieri del nucleo Tutela patrimonio culturale di Bologna, lo avevano convocato per interrogarlo alla presenza del suo legale: e una volta lì aveva scoperto di essere indagato in un procedimento penale (poi archiviato). Con sua somma sorpresa visto che - sempre a suo dire - lui era in assoluta buona fede: da qui la decisione di querelare chi gli aveva venduto quelle opere, ora difeso dell’avvocato Valeria Marano. Il processo, che vedrà anche la partecipazione dell’archivio Nino Caffè quale parte civile, inizierà a marzo: in quel contesto potrebbe essere chiesta una perizia per dirci una volta per tutte se quei ‘pretini’ erano autentici oppure no.