Il primo aprile è terminato lo stato di emergenza sanitaria da Covid-19. Tuttavia vorremmo approfondire, attraverso una ricerca online, come questa pandemia abbia rivoluzionato la vita di bimbi e adolescenti, costretti a variare abitudini e ritmi. La permanenza forzata in casa di migliaia di ragazzi e ragazze ha provocato ripercussioni ancora difficilmente quantificabili.
Che impatto ha avuto, e quali sono le conseguenze dell’isolamento dei bambini sullo sviluppo psicologico infantile?
Uno studio cinese, effettuato nei primi quattro mesi del 2020 a Wuhan, ha rilevato l’aumento di sintomi depressivi nel 22% e di sintomi ansiosi nel 18,9% di studenti di scuola primaria e secondaria, evidenziando la “potenza traumatica” di una emergenza sanitaria. Un altro studio effettuato negli Stati Uniti ha messo in risalto l’impatto della pandemia sul benessere familiare, dimostrando che il 27% dei genitori dichiara un peggioramento delle proprie condizioni di salute mentale; inoltre, il 14% dei genitori afferma un aggravamento di problemi comportamentali dei figli. Altri studi mostrano come la maggior parte dei ragazzi tra i 6 e i 24 anni presenti un aumento di pensieri e sentimenti negativi, problemi di sonno o concentrazione e sintomi di solitudine e depressione.
La situazione italiana
Dal Rapporto dell’Istituto superiore di sanità, si deduce l’esistenza di un rischio per la salute fisica e mentale di bambini e adolescenti, dovuto a fattori quali l’isolamento in ambiente domestico, la chiusura prolungata della scuola, la mancanza di contatti fisici tra pari. Dall’analisi dei dati relativi alle famiglie italiane con figli minori, pubblicati a giugno 2020, è emerso che: nel 65% e nel 71% dei bambini con età rispettivamente minore e maggiore di 6 anni sono insorte problematiche comportamentali e sintomi di regressione; nei bambini al di sotto dei 6 anni i disturbi più frequenti sono stati l’aumento dell’irritabilità, disturbi del sonno e disturbi d’ansia (inquietudine, ansia da separazione); i bambini e gli adolescenti tra i 6 e i 18 anni hanno frequentemente dimostrato disturbi d’ansia e del sonno.
Hikikomori: quando la quarantena non è un problema
Un ulteriore effetto della pandemia è il forte aumento degli “hikikomori”, termine giapponese che significa “stare in disparte”. Questo fenomeno si verifica in soggetti tra i 14 e i 25 anni ed è caratterizzato dal ritiro sociale volontario e dal rifiuto di ogni forma di relazione; a questo si può aggiungere anche il rifiuto della luce del sole (spesso gli hikikomori coprono le loro finestre con il nastro adesivo). Inoltre, questi ragazzi vivono le loro giornate di notte, quando fuori è buio, mentre durante il giorno utilizzano il cellulare anche fino a 14 ore. Le cause principali di questa reclusione dal mondo esterno sono caratteriali (forti problemi di timidezza o estrema sensibilità), familiari (disagio all’interno del nucleo familiare, o eccessivo attaccamento), scolastiche (rifiuto della scuola), o sociali (visione negativa della società, da cui tentano di fuggire).
La cura è ancora lontana dall’essere definita, quindi per il momento si agisce caso per caso, cercando di aiutare i ragazzi a riprendere i contatti con il nucleo familiare e, successivamente, con il mondo esterno. Secondo i calcoli della psicologa Chiara Illiano, dell’associazione “Hikikomori Italia”: “Attualmente ci sono tra i 120 e i 150 mila casi nel nostro Paese, e i numeri stanno crescendo”.
Concludendo, l’emergenza sanitaria è terminata, ma in noi rimarrà per sempre una cicatrice molto profonda, che però sapremo valorizzare rendendola parte di noi, come nell’arte giapponese del “kintsugi”, che ripara con l’oro le crepe degli oggetti. In questo modo riusciremo finalmente a tornare alla “normalità” portando con noi tutto ciò che è stato, e avendo speranza per il futuro.
Classe 3^ D, scuola media ‘Mattei’ di Marina di Ravenna
Prof Laura Corbari