FILIPPO DONATI
Cronaca

Ravenna, una costa da salvare: barriera naturale, i lavori inizieranno nell’autunno 2025

La difesa contro la subsidenza: sarà posizionata a nord della foce del Bevano e sarà composta da ostriche e sabellarie. Disterà 200 metri dalla spiaggia e la proteggerà dalle mareggiate e dai fenomeni di erosione

Ravenna, una costa da salvare: ecco come

Ravenna, una costa da salvare: ecco come

Ravenna, 23 ottobre 2024 – C’è una prima linea nella battaglia che la Romagna sta intraprendendo contro il cambiamento climatico, ed è posta lì dove resistere sembra più difficile, e cioè in quelle parti di fascia costiera maggiormente minacciate dall’innalzamento del livello dei mari. Poco più a nord della foce del Bevano l’Università di Bologna, in collaborazione con il Parco regionale del Delta del Po, il Comune di Ravenna e Fondazione Flaminia, costruirà un ‘reef’ composto di nidi di ostriche e sabellarie, in un tentativo di ripristinare in quella delicata porzione di costa ravennate quello che secoli fa era il suo habitat originario di scogliere sottomarine, in grado di proteggere la costa dalle mareggiate e dai fenomeni di erosione.

Il progetto è nella sua fase autorizzativa: la posa delle sue strutture di base, fra i 150 e i 200 metri dalla spiaggia, comincerà il prossimo autunno. Il suo primo mattone saranno delle brecce calcaree di cava, poste in senso nord-sud per un lunghezza di 200 metri, e una larghezza di cinquanta. “Dobbiamo pensare a questo progetto come a un vero reef – spiega Massimo Ponti, ecologo marino all’Università di Bologna – i cui primi abitanti saranno le ostriche europee della specie Ostrea edulis.

Proprio i loro gusci, generazione dopo generazione, cementandosi gli uni con gli altri, andranno a comporre la scogliera, in collaborazione con gli esemplari di Sabellaria spinulosa, invertebrati vermiformi, considerati dei ‘biocostruttori’ per la loro capacità di modellare la sabbia dando vita ai caratteristici cunicoli da cui emergono. Una volta maturo, nell’arco di qualche anno, il reef si innalzerà per alcuni metri, fino a circa un metro dalla superficie del medio marino: dunque nelle fasi di bassa marea si troverà circa 50 centimetri sotto il livello delle acque”.

Ostriche e sabellarie, a quel punto, non saranno più le sole specie a popolare quell’habitat: arriveranno ad affollarlo spugne, pesci e seppie alla ricerca di luoghi in cui nidificare, echinodermi quali stelle marine e ricci di mare, oltre ad alghe e briozoi, minuscoli invertebrati che danno vita a colonie marine simili al muschio. “Sarebbe interessante vedere arrivare qui anche i cavallucci marini, rarissimi in mare proprio perché privi di luoghi cui aggrapparsi”.

Il reef cui stanno lavorando Università ed Ente Parco è pensato per proteggere i lidi meglio di quanto possano fare le scogliere artificiali di massi: “Quelle strutture hanno una loro efficacia nel difendere le dune – evidenzia il direttore dell’Ente Parchi Massimiliano Costa – ma impedendo il flusso dell’acqua finiscono col trasformare le spiagge in lagune salmastre, dove la fanghiglia prende il posto della sabbia”. Ecco perché le scogliere di massi sono gradualmente cadute in disgrazia, lasciando a difesa delle spiagge i soli ripascimenti, con tutte le loro criticità.

Il reef a cura dell’Università potrebbe essere più efficiente: “Grazie ai suoi cinquanta metri di spessore rallenterebbe l’azione delle onde, consentendo però alla sabbia di accumularsi sulle spiagge”, precisa il professor Ponti. Benché il progetto sia sperimentale, e appaia dunque difficile prevedere la sua misurabilità in metri di arenile messi in salvo, Ponti si mostra fiducioso: “Crediamo che nei punti protetti dal reef la spiaggia potrà mantenere la linea attuale, e addirittura vedere un leggero accrescimento”. Il reef sa normalmente adattarsi alle condizioni idrodinamiche che trova: “Pensiamo che le spiagge protette dal reef abbiano la possibilità di mantenersi al passo con l’innalzamento del livello dei mari”.