L’acqua non è stata la sola a ricoprire nel 2023 vaste porzioni dell’Emilia Romagna: il rapporto redatto dall’Ispra sul consumo del suolo è una sorta di de profundis per tutti quegli ettari che l’anno scorso sono finiti sepolti sotto cemento e asfalto. Sul fronte del consumo di suolo netto l’Emilia Romagna è la prima regione a livello nazionale, con 735 ettari cementificati nel solo 2023. Il consumo di suolo e le alluvioni sono legati a doppio filo: quando si asfalta o si cementifica una porzione di territorio aumenta di sei volte la quantità di acqua che ristagna in superficie, senza essere assorbita dal terreno. Che quello emiliano-romagnolo sia un territorio idrologicamente fragile era noto ben prima del maggio 2023: il 63% delle aree edificate ricade in fasce a pericolosità idraulica media – una percentuale fuori scala rispetto al valore nazionale del 12%. La regione è prima in Italia anche per il territorio consumato, pari a 123 ettari, entro una fascia di 150 metri dai corpi idrici.
Il cemento regna sovrano in particolare a Ravenna, secondo comune italiano per suolo consumato in un anno dopo il sardo Uta, con 81 ettari (più di quelli consumati a Roma), ma anche a Reggio Emilia (41 ettari), a Forlì (35 ettari) e nella cintura bolognese (55 ettari solo tra Poggio Renatico e Sala Bolognese). A Bologna la situazione sta migliorando sotto alcuni parametri: il capoluogo è, insieme a Milano, l’unica città metropolitana che garantisce a più della metà della popolazione l’accesso a un’area verde pubblica entro la distanza di 300 metri a piedi, ed è quella con il valore massimo di aree verdi per abitante. Ma i 21 ettari consumati nel 2023 rappresentano comunque il quarto dato a livello italiano fra i capoluoghi, dopo le sole Roma, Cagliari e Venezia. Com’è possibile che una regione dotatasi di una delle rare leggi contro il consumo di suolo sia un tale eden per i cementificatori?
I più critici di quel provvedimento approvato nel 2017 lo descrissero ricco di scappatoie, in particolare per il comparto della logistica, indicato da Ispra come la maggiore fonte di nuove costruzioni. Il neoeletto presidente de Pascale in campagna elettorale ha ribadito la sua volontà di modificare la legge regionale, varata secondo lui con buonI intenti ma le cui maglie si sono poi rivelate troppo larghe per consentirle di segnare un vero stop nel consumo di suolo. Il neopresidente potrebbe ora decidere di correre ai ripari, attribuendo le deleghe alla difesa del suolo proprio a un nome in quota Verdi o Movimento 5 Stelle – forze da sempre critiche della legge del 2017 –oppure a un ‘peso massimo’ della battaglia contro il cemento, che segni platealmente la volontà di voltare pagina rispetto al passato. Profili di quel tipo nella politica emiliano-romagnola sono decisamente rari: ecco allora che lo spinoso dossier potrebbe finire proprio sulla scrivania di Isabella Conti, ex-sindaca paladina della lotta contro le urbanizzazioni nella sua San Lazzaro, già in pole position per il ruolo di vicepresidente. Una ‘terapia d’urto’ per dire finalmente basta al cemento.