REDAZIONE RAVENNA

Condannata l’Ausl. Risarcirà sei medici che non lavorarono al Pronto soccorso

La sentenza di primo grado, in sede civile, relativa a fatti del 2022. L’azienda dovrà pagare 4.500 a quattro ravennati e due riminesi. Il sindacato: "Tolto senza motivo un terzo dello stipendio".

Condannata l’Ausl. Risarcirà sei medici che non lavorarono al Pronto soccorso

La sentenza di primo grado, in sede civile, relativa a fatti del 2022. L’azienda dovrà pagare 4.500 a quattro ravennati e due riminesi. Il sindacato: "Tolto senza motivo un terzo dello stipendio".

Il Tribunale civile di Ravenna ha condannato l’Ausl Romagna a risarcire sei medici del 118 lasciati senza stipendio per cinque mesi - da maggio a settembre del 2022 -; l’azienda dovrà pagare 4.500 a ciascun professionista - quattro operativi all’ospedale di Ravenna, due in quello di Rimini -, oltre alle spese legali e agli interessi. A rendere nota la decisione dei magistrati (la sentenza è di martedì) il sindacato Snami. La vicenda ebbe origine vista la carenza di medici al pronto soccorso degli ospedali dell’area romagnola. Una carenza a cui l’Ausl tentò di rimediare utilizzando i medici del 118. Sei di loro, però, scelsero di non aderire. "Anche perché si trattava di una adesione su base volontaria, non so una costrizione", precisa Roberto Pieralli (Snami). Ai sei non venne liquidato l’importo di 900 euro mensili, dovuto loro in base a un accordo integrativo regionale relativo ai servizi aggiuntivi resi nell’ambito dell’emergenza-urgenza. "In sostanza – prosegue il sindacalista –, ai sei colleghi venne tolta una parte dello stipendio, circa un terzo, in base a una decisione arbitraria dell’Ausl". Parliamo, come detto, di 900 euro al mese per cinque mensilità. "Consideri che i colleghi, come tante persone, sulla base del loro stipendio avevano preventivato spese, acceso mutui e via dicendo. E invece si sono trovati dall’oggi al domani con 900 euro in meno in busta paga (un nuovo accordo, nell’ottobre del 2022, regolamentò la materia, ndr)". Nella sentenza firmata dal giudice Dario Bernardi, si legge che "la decisione dell’Ausl appare scorretta (...). Già in via di diritto la scelta di Ausl non trovava conferma nel dato normativo. In secondo luogo non tornano i conti". I ricorrenti "hanno svolto tutte le attività previste dall’accordo, tranne l’integrazione con il Pronto soccorso. Già di per sé risulta alquanto scorretto immaginare che per non aver svolto solo una parte dei compiti previsti non spetti nulla, visto che l’altra parte era stata svolta".

Ancora: "L’azienda vuole obbligare (dietro la minaccia della perdita dei 900 euro mensili aggiuntivi), i medici di emergenza a lavorare nei P.S. Tuttavia come risulta dall’accordo aziendale del febbraio 2022 per chi lavorava volontariamente nei Pronto soccorso c’era un compenso orario aggiuntivo. Ma se invece non si lavorava volontariamente nei Pronto soccorso (ed è essenzialmente la posizione dei ricorrcenti) restava il compenso dei 900 euro mensili forfettizzato già previsto dall’accordo precedente". Sintetizzando: i medici del 118 non potevano essere obbligati a svolgere attività anche al Pronto soccorso, così come non poteva essere decurtato lo stipendio di 900 euro.

La sentenza è stata commentata dai politici. "Questa condanna prova la fallimentare gestione della sanità di questa sinistra arrogante e boriosa che non riconosce il grande lavoro dei medici e fa di tutto per contrastarli", ha detto la deputata Alice Buonguerrieri (Fratelli d’Italia). "Criticabile l’approccio e il rapporto che la Regione ha con il personale sanitario: lo scontro non serve – scrive la deputata di Forza Italia Rosaria Tassinari –. Se la Regione tratta così dipendenti strategici come i medici dei reparti di emergenza, come si comporterà con i normali cittadini?".

Luca Bertaccini