ANDREA COLOMBARI
Cronaca

Collaboratore di giustizia: "Ricattato dalla mia ex". Assolta da tutte le accuse

Secondo l’uomo lei faceva la escort e dopo avere scoperto il suo passato gli avrebbe chiesto soldi per non divulgare. Per la difesa nessuna estorsione.

L’esterno del tribunale di Ravenna (Foto Giampiero Corelli)

L’esterno del tribunale di Ravenna (Foto Giampiero Corelli)

Questa è una vicenda giudiziaria particolarmente delicata perché il protagonista è un ex collaboratore di giustizia. E proprio in ragione di questa sua condizione, era stato a suo dire ricattato dalla ex la quale non solo avrebbe preteso soldi in cambio del silenzio. Ma sarebbe giunta a minacciare di morte un familiare dell’uomo se quest’ultimo non avesse pagato.

Un storia maturata alle porte della città, dove l’uomo viveva, e approdata mercoledì davanti al gup Andrea Galanti che, come peraltro chiesto dalla procura, ha assolto la donna, una ultra-trentenne di origine straniera, dalle accuse di estorsione e minaccia aggravata "perché il fatto non sussiste". A suo tempo l’uomo, originario del Mezzogiorno, in questura aveva riferito di avere fatto parte dal 2010 al 2016 di un programma di protezione dei collaboratori di giustizia. Quindi al suo arrivo a Ravenna, era stato preso in carico dai carabinieri. Nell’autunno del 2022 aveva cominciato una relazione con una donna di origine straniera alla quale aveva pure affidato le chiavi di casa. A suo avviso, lei faceva la escort tanto che lui le avrebbe offerto il proprio aiuto per cambiare vita: uguale a proposta di 1.000 euro al mese fino a quando non avesse trovato un altro lavoro. La relazione era andata avanti per circa un anno. Ma quel che più importa per lo sviluppo della vicenda, è che a un certo punto lui si era accorto che da casa erano venute a mancare due schede gelosamente custodite in una scatola segreta: lì dentro c’erano la delibera del programma di protezione, le dichiarazioni fatte alla direzione distrettuale antimafia e le foto di persone che aveva denunciato. Preoccupato, aveva chiamato l’Arma ricevendo un buon consiglio: di cercare ancora. I sospetti erano caduti sulla donna quando, in occasione di alcune discussioni, lei lo avrebbe apostrofato in questo modo: "Infame di (...), collaboratore di giustizia".

A esplicita domanda, lei però aveva negato. Ma una volta, al culmine dell’ennesima lite, tramite Whatsapp gli avrebbe inviato una delle foto contenute nelle preziose schede. Lui si era fatto sotto per riavere il materiale, lei aveva assicurato di averlo gettato. Però nei giorni successivi - prosegue la denuncia - si erano incontrati e lei aveva rettificato la sua posizione dicendo di avere le schede e chiedendo 1.000 euro altrimenti lo avrebbe rovinato pubblicando sui social i documenti. Tanto che si era risolto a versare i primi soldi. In quello stesso ottobre 2023 lei gli avrebbe detto che era disposta a mandare degli albanesi a uccidergli il figlio.

Secondo la difesa - avvocato Raffaella Salsano - non poteva essere contestata nessuna estorsione perché sotto il profilo documentale, non era emersa alcuna prova sebbene l’uomo si fosse riservato più volte di portarla agli inquirenti. Inoltre il legale ha prodotto documentazione per dimostrare che i 1.000 euro citati in denuncia, facevano parte di un accordo tra i due. Da ultimo l’unica ricevuta di pagamento prodotta, avrebbe in realtà fatto riferimento a 300 euro dati come copertura di una quota mantenimento.

Andrea Colombari