Cesareo con sterilizzazione, ginecologo assolto

Il parto con taglio cesareo, avvenuto nel 2014, si era concluso con la legatura delle tube, intervento di sterilizzazione definitiva. La donna che si era sottoposta all’operazione, una 36enne straniera, però, aveva accusato il ginecologo, all’epoca in servizio all’ospedale di Faenza, di avere eseguito la legatura senza il suo consenso. Da qui il processo per lesioni personali gravissime che vedeva imputato il medico, ieri assolto dal collegio penale del tribunale di Ravenna, presieduto dal giudice Cecilia Calandra, con a latere i giudici Antonella Guidomei e Natalia Finzi. A prendere la parola per prima ieri in udienza è stato il pm Angela Scorza per una requisitoria puntuale e incisiva che si è conclusa con la richiesta di assoluzione del ginecologo perché il fatto non sussiste. Il pm Scorza ha iniziato inquadrando protagonisti e vicenda: un ginecologo dell’ospedale di Faenza, a processo per lesioni dolose gravissime contro una donna di 36 anni, il quale, nel corso di un intervento di taglio cesareo, constatando lo stato dell’utero della signora, avrebbe autonomamente deciso di legarle le tube. La donna però avrebbe potuto generare altri figli, oltre ai quattro già avuti. Il medico l’aveva seguita durante tutti i tagli cesarei, a partire dal 2006, e dunque tra ginecologo e paziente, esisteva un rapporto di fiducia. La 36enne, rispetto all’intervento di legatura delle tube, era stata informata dei rischi e durante il processo aveva affermato di avere sempre detto che non voleva sottoporsi all’operazione e che era stato il medico a provvedere autonomamente alla sterilizzazione definitiva, senza informarla. La donna aveva anche sostenuto di avere avuto notizia della legatura delle tube un mese dopo l’intervento, quando si era recata dal ginecologo per informarsi su un’eventuale terapia contraccettiva. E qui sta il primo punto di contrasto nelle dichiarazioni della 36enne che dice di essere venuta a sapere della legatura delle tube dopo un mese ma nell’esito dell’operazione e nella lettera di dimissioni c’è scritto quello che è successo in sala operatoria. Potrebbe essere che la signora non avesse letto il contenuto della lettera di dimissioni ma apparirebbe difficile, perché la 36enne aveva poi seguito la terapia indicata nella stessa lettera. Dall’altro lato c’è la versione del ginecologo che in fase di processo ha sostenuto di aver suggerito più volte alla signora di ricorrere alla legatura delle tube, in quanto era emerso che la 36enne non poteva utilizzare pillola né spirale. Quindi il medico aveva insistito con la donna rispetto ai pericoli di una quinta gravidanza che avrebbe messo a rischio la vita della madre e del feto. Sulla legatura delle tube la donna era molto perplessa e dunque il medico, come emerso a processo, aveva proposto di decidere durante il taglio cesareo, per valutare le condizioni dell’utero. Lei stessa a un’ostetrica dell’ospedale di Faenza, che la 36enne conosceva perché lavorava nella stessa struttura e a cui aveva più volte chiesto consigli, aveva confidato che il medico le aveva suggerito pià volte la legatura delle tube e che avrebbe valutato di sottoporvisi in sede di intervento. E questo, come ha raccontato anche un medico presente durante l’operazione di taglio cesareo, sarebbe avvenuto: la 36enne, dopo essere stata informata dal ginecologo della presenza di consistenti aderenze all’utero, avrebbe acconstentito alla legatura delle tube, accompagnando il suo ‘sì’ da una sorta di mugugno. Come poteva ricordare il medico di quel mugugno durante la testimonianza a distanza di nove anni dall’intervento? La risposta l’ha data lo stesso medico: la 36enne, dipendente dell’ospedale di Faenza, era nota per via dei diversi cesarei e della situazione economica precaria. Insomma, secondo il pm Scorza, il ginecologo ha informato la signora sul suo stato di salute e non ha effettuato un intervento sottotraccia ma è tutto documentato nella lettera di dimissioni. Da qui la richiesta di assoluzione del medico perché il fatto non sussiste. La difesa del ginecologo, avvocato Roberto Sammarchi ha ribadito che il proprio assistito si è posto il problema del consenso rispetto all’operazione di sterilizzazione definitiva, dopo avere accuratamente informato la paziente. Il consenso durante l’intervento è stato chiesto con le modalità possibili in quella circostanza e i presenti hanno testimoniato in merito. Il legale ha anche ricordato che in certi casi non è necessario il consenso scritto. E d’altronde l’intervento è stato perfettamente eseguito; inoltre il parto e il decorso post operatorio hanno avuto esito positivo. Probabilmente dietro al consenso non espansivo della donna, secondo l’avvocato, ci potrebbe essere stato un timore nei confronti del marito. In ogni caso il ginecologo sarebbe stato da assolvere. E proprio per l’assoluzione ieri si è espresso il collegio penale, presieduto dal giudice Cecilia Calandra. Milena Montefiori

Cesareo con sterilizzazione, ginecologo assolto

Il medico era accusato di lesioni personali gravissime ai danni di una 36enne. L’intervento, del 2014, era stato effettuato all’ospedale di Faenza