Ravenna, 26 aprile 2019 - I fanghi di dragaggio del Candiano, erano stati collocati in quelle otto casse di colmata «in modo sistematico e continuativo». Materiale «ripetutamente riversato nel corso di molteplici anni». Nel suo complesso, «un accumulo sistematico di rifiuti» per il quale, dopo un lungo periodo di permanenza, si deve «ritenere definitivo l’abbandono». In due sole parole: «discarica abusiva».
In 35 pagine il giudice Federica Lipovscek ha fissato le motivazioni delle condanne inflitte per la gestione dei fanghi del porto a Galliano Di Marco, ex presidente di Ap-autorità portuale (1 anno e 4 mesi); a Dario Foschini, già amministratore delegato di Cmc (9 mesi); e a Maurizio Fucchi, in qualità di consigliere del cda di Cmc (9 mesi). E delle assoluzioni pronunciate sempre nel gennaio scorso al termine del medesimo processo, per Matteo Casadio e Roberto Rubboli (presidente e amministratore delegato di Sapir spa); e per Alfredo Fioretti, vicepresidente Cmc.
Antefatto di tutto, la necessità di Ap di «procedere all’esecuzione dei lavori di approfondimento del Candiano a -11,50». La conseguente gara, si era conclusa con «l’aggiudicazione» a un raggruppamento rappresentato da Cmc. E il conseguente contratto di appalto porta la data del novembre 2006.
Ee ecco il ruolo delle otto casse di colmata, vere protagoniste del procedimento: aree nelle quali fare confluire temporaneamente i fanghi di dragaggio. Ma «l’istruttoria dibattimentale ha consentito di appurare» che là dentro «i fanghi rimasero oltre il termine di tre anni dalla scadenza delle singole autorizzazioni» e senza «essere destinati a ulteriori trattamenti».
Ovvero, «sebbene movimentati e trattati per favorirne la solidificazione», non erano stati «oggetto di operazioni di recupero» entro i tre anni, né fu domandato il «rinnovo dell’autorizzazione per allungare il periodo di messa a riserva». E così, per quanto definita «meritevole di pregio», non è stata accolta la tesi difensiva secondo cui «la messa a riserva dei fanghi di dragaggio costituirebbe essa stessa un’operazione di recupero dei rifiuti», scenario che come tale avrebbe escluso ogni reato ambientale.
Ed è proprio su questo solco che si erano inserite le indagini dei carabinieri forestali coordinate dai pm Alessandro Mancini e Marilù Gattelli e a suo tempo approdate a vari sequestri (le aree sono tutte dissequestrate). Per quanto riguarda infine le autorizzazioni rilasciate dalla Provincia, è vero, come hanno sostenuto le difese, che «erano semplicemente volte a consentire il conferimento dei fanghi nelle casse di colmata» e che dunque «la data di scadenza era da riferire alla sola attività di deposito del materiale». Ma «è evidente come tale soluzione non incida sulla configurazione dell’illecito». E cioè «sul mancato avvio del materiale a un’operazione di recupero nei tre anni successivi».