Si è tenuta ieri la prima riunione operativa del progetto Aquagreen, che punta a trasformare il Borgo Durbecco in un’area resiliente dinanzi agli effetti più disastrosi dei cambiamenti climatici. A Palazzo Manfredi, a fianco di assessori e dirigenti, erano presenti ieri gli esperti dell’Università di Bologna (coinvolta con quattro suoi dipartimenti) e dello Iuav di Venezia, oltre che di HeraTech, Conami, Cae San Lazzaro e dell’Associazione Borgo Durbecco, che raduna i residenti del quartiere epicentro delle tre alluvioni cittadine, cioè via Cimatti, via Silvio Pellico e le direttrici laterali. Aquagreen punta a trasformare il Borgo secondo vari ambiti di intervento: i capitoli più rilevanti sono senz’altro quelli relativi al nuovo tetto di pannelli solari che sormonterà la palestra della lotta greco-romana, e il bacino di raccolta per le acque piovane che troverà posto al di sotto del parco Gatti (secondo le prima ipotesi non dovrebbe essere necessario sbancare l’area verde, concentrando le lavorazioni esclusivamente nell’area sotterranea: su questo però palazzo Manfredi non si è sbilanciato). I pannelli solari saranno collegati a delle batterie di accumulo per rendere il quartiere energeticamente sicuro nel caso di black out indotti da fenomeni meteo estremi, come già accaduto. Fra gli altri ambiti di intervento il potenziamento dei sensori per i livelli idrometrici dei fiumi e dei rilevatori pluviometrici, in modo da mettere a punto un sistema di allerta ai cittadini più efficace. L’epicentro del progetto – che, evidenzia il Comune, segue un piano parallelo rispetto alle attività di ricostruzione previste dai piani speciali – sarà il parcheggio della palestra Lucchesi, pensato per essere anche un collettore idrico, dal quale le acque piovane possano fluire in direzione del fiume o dal bacino sottostante il parco Gatti, progettato anche quale riserva non potabile per l’irrigazione delle aree agricole o dei parchi. Sotto questo aspetto Aquagreen si prefigge dunque di dare una risposta anche all’altro grande interrogativo innescato dalla crisi climatica, quello relativo cioè ai picchi di calore urbani.
Saranno duemila i cittadini direttamente coinvolti in quello che diventerà un vero e proprio living lab, un laboratorio a cielo aperto in cui vengono approntate soluzioni urbane alla crisi climatica. Il progetto è finanziato dal programma European Urban Initiative per tre anni. "Nel 2025 è prevista la fase di progettazione – hanno spiegato il vicesindaco Andrea Fabbri e gli assessori all’Ambiente e alla Protezione Civile Luca Ortolani e Massimo Bosi – mentre nel 2026 cominceranno gli interventi veri e propri, con l’obiettivo di terminare i lavori fra il 2027 e il 2028".
Il progetto è pensato per essere replicato in tre comuni di Slovacchia, Croazia e Belgio: trattandosi di una sperimentazione, è possibile che venga poi implementata anche in altre parti della città particolarmente soggette agli effetti della crisi climatica.
Filippo Donati