REDAZIONE RAVENNA

"Bimbo soffocato dal cordone ombelicale"

Archiviato il fascicolo per omicidio colposo a carico di undici sanitari di ostetricia e ginecologia per la morte di un neonato

La sua vita era durata solo venti

giorni durante i quali il piccolo non aveva mai preso conoscenza a causa del grave stato di asfissia che aveva manifestato subito dopo la nascita. Era il 29 giugno 2018 e a distanza di quattro anni dalla morte del bimbo – figlio primogenito di una giovane coppia di Comacchio nato all’ospedale di Ravenna – il Gip Janos Barlotti ha archiviato la posizione degli undici camici bianchi ravennati – tra medici, anestesisti, ginecologhe e ostetriche, difesi dagli avvocati Giovanni Scudellari ed Ermanno Cicognani – che a seguito della vicenda erano stati indagati per omicidio colposo. Il contenzioso civilistico intrapreso dalla famiglia, con gli avvocati Francesco Ferroni e Marta Lignini, è invece ancora aperto. Dal punto di vista penale, il Pm Monica Gargiulo aveva chiesto l’archiviazione, in ragione della consulenza tecnica che non evidenziava responsabilità del personale sanitario, cui la famiglia del piccolo si era opposta. Secondo loro, infatti, il personale dei reparti di ostetricia e ginecologia sia era reso responsabile di disattenzione e ritardi nella fase antecedente alla nascita del piccolo, venuto alla luce in stato di grave asfissia.

Fino alla 37ª settimana di gestazione tutto era filato liscio. Alla 38ª, la gravidanza era stata presa in carico dal reparto di Ostetricia e Ginecologia di Ravenna. Ed è qui che, a ridosso della 41ª settimana, si era deciso per il ricovero con conseguente induzione del parto. Ma né il 7 né l’8 giugno, nonostante le sostanze somministrate, il lieto evento si era concretizzato. Il bimbo era nato solo la mattina del 9 giugno, segnato da una grave asfissia seguita, 20 giorni dopo, dalla morte.

"Tanto la consulenza del Pm, quanto la perizia disposta dal Gip – scrive il giudice – individuavano la causa della morte del piccolo nell’encefalopatia occorsa nell’ultima fase di travaglio, dovuta all’occlusione acuta dello stretto giro del cordone ombelicale intorno al collo del neonato, quale evento non prevedibile, né evitabile". Per l’accusa "eventuali comportamenti alternativi dei sanitari (il parto cesareo) non erano praticabili". Conclusioni criticate dai consulenti tecnici della famiglia i quali, in particolare, ritenevano i sanitari colpevoli di erronea interpretazione dei tracciati cardiotacografici del bambino e dell’omissione delle ostetriche di manovre per migliorare l’ossigenazione fetale. A parere del Gip, tuttavia, queste controdeduzioni "sono volte a retrodatare il momento nel quale sarebbe stato possibile concludere che vi sarebbero state tutte le condizioni per far nascere il piccolo, evitandogli la sofferenza in utero". Da qui il rigetto della richiesta di un supplemento investigativo.