Ravenna, 7 dicembre 2022 - Lui, barista a tempo determinato, aveva avuto sentore che tirava una brutta aria. Tanto che all’incontro programmato col datore di lavoro si era presentato con l’intenzione di registrare quel colloquio. Detto e fatto. Ora su un file audio è presente la registrazione in cui il titolare di un bar del centro di Ravenna sembrerebbe ricattarlo: "O firmi il licenziamento, o non ti pago". Risultato: datore di lavoro a processo con un’accusa che rischia di costargli una pena da 5 a 10 anni: estorsione.
Il Pm Stefano Stargiotti, in buona sostanza, ha ravvisato la volontà di creargli un danno, dietro minaccia. Il processo, davanti al giudice Antonella Guidomei, è stato incardinato l’altra mattina e rinviato ad aprile, quando sarà sentito il lavoratore che ha presentato la denuncia. Quest’ultimo, assunto con contratto a tempo determinato previo periodo di prova, pare non avesse soddisfatto appieno il legale rappresentante del locale, il quale aveva intenzione di dargli il benservito. Tuttavia, occorrerà accertare se ciò sia stato fatto con metodi leciti o meno. Al momento la procura gli contesta il fatto di avere minacciato il dipendente, assunto come barman e cameriere, che se non avesse firmato le dimissioni volontarie non gli avrebbe corrisposto la retribuzione a lui spettante per il periodo lavorativo espletato. Così il titolare, facendogli sottoscrivere a fine luglio 2016 una lettera di licenziamento, si sarebbe procurato un ingiusto profitto consistito nel non avere corrisposto al lavoratore l’indennità per il mancato preavviso e la mancata corresponsione del contributo Inps per l’indennità di disoccupazione. Fra le fonti di prova il lavoratore – parte civile con la tutela dell’avvocato Nicola Ivan Bernardi del foro di Lucera (Foggia), porterà la registrazione di quell’ultimo faccia a faccia avvenuto ad agosto di quell’anno, atti relativi alla controversia giuslavoristica e il verbale di interrogatorio dell’imputato.
Quest’ultimo, tutelato dall’avvocato Antonio Primiani, già davanti al Gip aveva parlato "di un malinteso". L’intendimento del datore di lavoro, infatti, sarebbe stato esclusivamente quello di far sottoscrivere al lavoratore, per avvenuta ricezione, la lettera di licenziamento e di corrispondergli quanto dovuto. In ogni caso, mai lo stesso avrebbe inteso ledere i diritti del lavoratore o sottrarsi agli obblighi giuslavoristici previsti a proprio carico.
l. p.