REDAZIONE RAVENNA

Aree industriali dismesse, ferite da sanare

Lo spazio ex Stafer dovrebbe presto essere riqualificato. Ma almeno altre sei zone nel perimetro urbano aspettano un progetto

Aree industriali dismesse, ferite da sanare

Erano ventitré, nei primi anni Novanta, le attività industriali da dismettere, ovvero quelle che, quando furono avviate (soprattutto nel dopoguerra), erano in estrema periferia e poi sono state inglobate nel tessuto cittadino; a tutt’oggi ne sono rimaste sette, nessuna delle quali è più in attività (con l’eccezione dell’uso commerciale di alcuni fabbricati); l’ultima, la centrale del latte Sicla, ha appena annunciato la chiusura dei battenti.

E nel giro di qualche anno anche un’altra area dismessa dovrebbe essere depennata dall’elenco delle ‘ferite urbanistiche’ faentine: si tratta della ex Stafer in via Filanda Nuova per la quale due sono le circostanze recenti che lasciano intravvedere una soluzione positiva. Da una parte l’interesse del Comune ad acquisire parcheggi in vista della più che probabile (anche se i tempi non si conoscono) realizzazione del sottopassaggio pedonale ferroviario fra la stazione e via Filanda Nuova e dall’altra la presentazione da parte della proprietà di una proposta operativa per realizzare edilizia residenziale e parcheggi, proposta recentemente discussa in giunta e accettata.

Si tratta di un’area di seimila metri quadri, dismessa da anni, i cui capannoni sono stati demoliti due anni fa, per la quale sono prevedibili anche 1.600 metri quadri di parcheggio pubblico a uso di coloro che raggiungeranno la stazione a piedi passando dal tunnel e mille metri di parcheggio privato a uso pubblico. Ma se questa è una notizia positiva, resta il fatto che per le altre sei aree, alcune dismesse anche da oltre vent’anni, non si ha notizia, attualmente, di manifestazioni di interesse per trasformarle in moderni luoghi cittadini usufruibili, sotto i più disparati aspetti, dalla collettività.

È utile allora ricordarle queste aree, tenendo presente che è con il Piano regolatore del ’95 (e varianti), che venne regolato il loro utilizzo successivo, soprattutto residenziale. Come si diceva, originariamente tali aree erano ventitrè e quelle che negli ultimi trent’anni sono state trasformate, i due terzi, hanno visto nascere sia attività commerciali e di servizio sia residenziali. E sono state il punto di forza del passaggio urbanistico della città dal passato retaggio del dopoguerra alla modernità. Una trasformazione che fra anni 90 e prima decade del 2000 interessò anche altri settori cittadini (ricordiamo l’arredo urbano in pieno centro storico), ma che poi ha subito una repentina frenata.

Oltre all’area ex Stafer, sono dismesse ma non riutilizzate un ex stabilimento frutticolo in via Ravegnana ai piedi del cavalcavia (l’area è vasta, un ampio parcheggio è inutilizzabile, e in parte a suo tempo uno dei fabbricati fu occupato dal Conad Filanda e dalla Comet e attualmente vi ha sede un’attività commerciale), l’Adria Frigor in via Filanda Vecchia, l’area Bentini in via Verdi (nel frattempo interessata dal fallimento dell’attività) cui si aggiunge l’attigua area della storica Sicla (considerata dismissibile già 30 anni fa), l’area dell’ex cantina Zanzi in via Ravegnana; a queste va aggiunta l’area più vasta, 40mila metri quadrati, della ex fabbrica di anticrittogamici, la Sariaf (che negli anni 80 passò in proprietà a Enichem), in via San Silvestro.

Qui, in questo secolo, in porzioni del grande fabbricato, hanno trovato posto il Commissariato di Polizia, il Centro per l’Impiego, un laboratorio ceramico (poi dismesso) e, sul retro, il deposito di materiali ‘Faenza Idea srl’, mentre una vasta area interna è libera e invasa dalla vegetazione e da macerie e rifiuti.

Nel 2002 la proprietà (nei locali operava l’Adica, azienda che miscelava fertilizzanti) presentò un progetto che prevedeva il mantenimento del lungo fabbricato prospicente via San Silvestro, l’utilizzo a scopo residenziale del fronte su via Masaccio e l’utilizzo a scopo commerciale per novecento metri quadri della restante porzione. Il progetto non ebbe seguito; nel 2019 la società Lugo Immobiliare, diventata proprietaria dell’area, presentò la richiesta di variante al Rue per poter realizzare un centro commerciale no food: la richiesta fu bocciata dal sindaco uscente Malpezzi. Nel sito di Lugo Immobiliare, comunque, l’intervento immobiliare sull’area ex Sariaf è ancora oggi indicato fra gli obiettivi futuri ed è "in attesa di un progetto di riqualificazione dell’intero complesso".

D’altronde proprio il recupero dell’interra vasta area è fra gli obiettivi più volte dichiarati del sindaco Massimo Isola. Fu nei primi anni 90 che a Faenza si iniziò a considerare il tema della delocalizzazione o della eliminazione (come accadde per la distilleria Neri, quando il sindaco De Giovanni disse che l’azienda doveva chiudere e basta: era il 2003) delle industrie che, sorte decenni prima in aree periferiche si erano ritrovate nel tempo circondate da abitazioni. Vediamo alcune di quelle che, grazie al Prg del ’95 e alle numerose successive varianti, sono state dismesse e al loro posto sono stati realizzati insediamenti residenziali, commerciali e di servizio. Si va dal mangimificio Apida, in via Filanda Vecchia (settemila metri quadri) alla distilleria Neri (ove sorge il centro commerciale La Filanda), dall’Omsa alla fabbrica di ceramica La Faenza (centro ’Le Cicogne’) alla Cantina sociale di via Laghi all’ azienda Liverani (essicazioni di pelli) in Borgo sul Fiume Lamone, dalla fabbrica del Ghiaccio nel Borgotto alle ex serre Zama in viale Marconi, alla distilleria Alvisi in via Portisano, dalla cantina sociale di via Cantinelli alla ex Cisa ultima in ordine di tempo a essere trasformata.

Carlo Raggi