CARLO RAGGI
Cronaca

Alluvione Faenza (Ravenna), tra le cause dell’inondazione a Boncellino la diga di tronchi sul Lamone

Il ’blocco’ di rami che ancora blocca il fiume da sponda a sponda a ridosso del ponte ferroviario. È legna di disboscamento non adeguatamente rimossa. Esondato il Marzeno

Faenza (Ravenna), 20 settembre 2024 – Per l’inondazione dell’area del Borgo di Faenza, lato via Cimatti, il responsabile immediato ha un nome: torrente Marzeno.

La lunga notte piena di paura sotto la pioggia (Foto Zani); nel riquadro, l'enorme ammasso di tronchi sul Lamone (Foto Scardovi)
La lunga notte piena di paura sotto la pioggia (Foto Zani); nel riquadro, l'enorme ammasso di tronchi sul Lamone (Foto Scardovi)

Mentre responsabile di fondo (di questa come degli altri disastri) è l’immane quantità di acqua (peraltro prevista) caduta in 48 ore nell’area appenninica fra Modigliana e Casola Valsenio, oltre duecento millimetri con punte fino a 300 millimetri. E se il Marzeno ancora una volta, la terza in 16 mesi (la quarta in questo secolo), pur ripulito, è uscito dall’argine alla curva del Tiro a Segno (inondato quando fervevano i lavori di ripristino), nel tratto cittadino il Lamone, completamente rinnovato e rinforzato dai lunghi lavori agli argini, pur tenendo in ansia fino alle 2,15 quando la piena ha toccato lo storico record di metri 7,82 (la seconda linea rossa è a sei metri) per poi discendere, ha retto ed evitato esondazioni o cedimenti (come invece accadde a maggio 2023). In breve, i lavori fatti, in primo luogo il muro di contenimento in via Renaccio, il rinforzo degli argini e il disboscamento, hanno letteralmente salvato mezza città.

Alle 2 il livello dell’acqua passando sotto le luci del ponte delle Grazie lasciava uno spazio di appena mezzo metro; ed era in crescita. Poi di lì a 15 minuti la discesa, accelerata verso l’alba, quando alle 5.22 in mare è subentrata la bassa marea. Nello stesso momento dall’altra parte del fiume, lungo via Cimatti si rivivevano le drammatiche ore del 2 e del 15 maggio ‘23 con l’acqua che, aggirando la diga di terra e cubi di cemento eretta nella mattinata, stava velocemente crescendo e inondando le case. Era l’acqua del Marzeno che stava tracimando lungo via San Martino a pochi passi dal Ponte Verde, stesso punto della tracimazione del 2 maggio (e anche di una decina di anni prima) e della rotta del 15 maggio. Contemporaneamente il Marzeno stava allagando i vasti campi lungo la sponda sinistra e l’onda immensa invadeva di nuovo i locali dell’ex molino e varie abitazioni. Il corso del Marzeno verso monte fino a oltre Rivalta, nel corso del 2023 è stato ripulito dagli alberi, ma poco è stato possibile fare sulle rive perché il torrente non ha argini ma prevalentemente sponde (fra cui la stessa via San Martino). Anche il tratto in cui c’è stata tracimazione è una sponda a filo di strada. E’ evidente che, a fronte di un ben probabile ripetersi di fenomeni del genere causati dal cambiamento climatico, sul Marzeno e sul Lamone dovranno essere rapidamente attivate ulteriori opere: lo esige la sicurezza degli abitati a valle di Faenza.

E fra queste, le aree di espansione o laminazione: proprio il campo in sinistra inondato (Molino San Martino) costituiva una decina di anni fa la base per una delle casse di espansione previste dal piano regionale per il rischio idrogeologico (altre due, fra Lamone e Marzeno, erano indicate in area Molino del Rosso e Santa Lucia). Tornando al corso del Lamone, anche i lavori svolti lungo gli argini fino al ponte della Castellina hanno retto, ma in nottata il continuo aumento del livello, l’alta marea (0,63 cm dalle 23,30) hanno scatenato la tracimazione a destra e a sinistra in località Saldino con allagamento delle campagne fino a Pieve Cesato. In qualche modo si dovrà ovviare. Mentre appare evidente che a Boncellino è stata la diga di rami e tronchi che ancora sbarra il Lamone da sponda a sponda a ridosso del ponte ferroviario, a causare la tracimazione disastrosa, con l’acqua del Lamone che è poi arrivata fino a Bagnacavallo (altri cumuli di legna sono sotto il ponte Rosso a Faenza).

Si tratta soprattutto di legna di risulta del disboscamento e incredibilmente non adeguatamente rimossa: evidente il mancato controllo sui lavori svolti dalle ditte incaricate, nonostante le ripetute segnalazioni anche su questo giornale. Da ultimo gli allagamenti in via Ponte Romano, via Lapi e strade confinanti e nel quartiere Orto Bertoni (tante abitazioni ancora una volta allagate e materiale danneggiato) a causa del rigurgito delle fogne (collegate al Lamone), fenomeno mai risolto, neppure dai lavori degli ultimi mesi.