
Fu lei a raccogliere i destini dell’azienda paterna quando Raffaello si ammalò: "L’impegno era di tenerla aperta finché l’ultimo dipendente non fosse andato in pensione. E così è stato. Ho chiuso a luglio".
Fin da piccola era affascinata dalle storie, prima furono le favole, poi i racconti che le faceva il babbo sulla vita degli artisti che lui incontrava, quindi le biografie dei personaggi storici lette e rilette man mano li incontrava a scuola, fino ad approdare alle storie che ogni persona porta dentro e che vengono a lei affidate nel tentativo di risolvere conflitti interiori: storie, ecco il filo rosso che ha portato Alice Biagetti alla professione di psicologa. Giovanile obiettivo, dopo una prima laurea in filosofia, messo però da parte per lungo tempo perché assorbita prima dal ruolo avuto nella Yoox dell’amico Federico Marchetti e poi dalla gestione dell’attività del babbo, Raffaello, pittore, designer d’avanguardia, fondatore, 40 anni fa, dell’originalissimo Museo dell’Arredo Contemporaneo. Oggi il ricorso allo psicologo è sempre più diffuso, i lunghi mesi del Covid hanno fatto emergere disagi personali, conflitti prima gestiti nell’ordinaria quotidianità, ma sempre più frequente è anche la richiesta di aiuto per superare lo ‘stress del pensionamento'.
Ne è passato di tempo da quando il ricorso allo psicologo era considerato una stranezza esistenziale e comportava anche un disdoro sociale!
"Oggi ricorrere alla psicologia è normale. Lo psicologo è figura presente da tempo negli ospedali, ci sono stata anch’io durante il tirocinio, è una figura sanitaria al pari di altre, pensi solo alla previsione del contributo statale, il cosiddetto bonus psicologo".
È corretto affermare che queste necessità sono aumentate dopo l’epidemia di Covid?
"Doversi confrontare con le limitazioni imposte ai movimenti, essere costretti a restare fra le quattro mura di casa o, per i ragazzi, non potersi incontrare o andare a scuola, ha fatto emergere le situazioni di crisi e di conflitto prima non avvertite o gestite nella quotidianità e così lo psicologo è diventato indispensabile".
E cosa fa, come interviene?
"Lo psicologo ascolta, ascolta storie di vita raccontate dalle persone, come singoli, come coppie o come genitori, dipende dai casi, entra in relazione con loro, cerca di far emergere e dare potenza a quella piccola luce che, pur nel buio esistenziale temporaneo, c’è. Pensi che a me è sempre piaciuto ascoltare storie. Proprio questo mi ha portato alla seconda laurea, in psicologia".
Com’è sorta la sua curiosità per le storie?
"Beh, a cominciare dalle favole, quando ero bambina, poi la scoperta dei personaggi storici che studiavamo; e soprattutto mi hanno affascinata i racconti che faceva il babbo...mi parlava sempre dei suoi incontri con designer, pittori, gente famosa e raccontava della loro vita spesso ingarbugliata e così capivo come la notorietà di una persona spesso manifesti solo un’infinitesimale parte della sua personalità".
Parliamo di suo padre Raffaello, e della sua famiglia, a questo punto.
"Il babbo era di Santarcangelo. Anche la mamma, Paola, maestra, è di quella zona, come pure io sono nata lì e anche mio fratello Alberto, designer da tempo a Milano. Poi ci sono Anna, docente di storia dell’arte e Andrea, ora a Tokio, nati a Ravenna dove nel ‘76 ci siamo trasferiti. Deve sapere che il babbo e i suoi due fratelli avevano un negozio di mobili a Sant’ Arcangelo, poi ampliarono il ‘giro’ e Raffaello nel ‘68 aprì il negozio a Ravenna e col tempo siamo venuti ad abitare qui".
Quelli che vendeva suo padre erano però mobili particolari...
"Babbo era un artista, in primo luogo pittore, figurativo, una produzione immensa, e poi amava l’arredamento dei grandi designer dell’epoca e contemporaneamente cominciò a creare lui, pezzi unici, con l’aiuto di artigiani ravennati. Babbo raccoglieva legname dai fiumi o dalla spiaggia, legno levigato, forme particolari...faceva di tutto, anche in terracotta, in ferro, lampade, poltrone, letti, tavoli, biblioteche...E poi comperava, soprattutto dai tedeschi...".
Immagino pezzi di qualità, pezzi unici...
"Precisamente e proprio per esporre tutti quegli arredi, testimonianza dell’arredamento del ‘900 e anche prima costruì il primo museo dell’Arredo Contemporaneo lungo la San Vitale a Godo. Ci lavorò anche l’architetto Ettore Sottsass. Era il 1985, 40 anni fa. Pensi che in quel periodo il celebre pittore riminese Antonio Nadiani era nostro ospite, era molto amico del babbo. Morì in casa nostra, nel 1986".
L’inaugurazione del museo fu un grande evento culturale per Ravenna, ma non venne compreso appieno...
"Forse non c’era ancora la sensibilità necessaria per valutare l’arredo come oggetto culturale...Là dentro il babbo organizzò anche una scuola di mosaico, Futurarium. Poi purtroppo si ammalò e nel 2008 morì".
Lei nel frattempo si era laureata...
"In filosofia, era il 1999. E subito dopo mi iscrissi a psicologia, ma il babbo mi disse che sarebbe stato più contento se avessi trovato un lavoro. Proprio in quel tempo Federico Marchetti stava avviando il primo outlet on line in Italia. Ci conoscevamo da tempo e mi chiese di dargli una mano. Prima tappa, un master alla Bocconi: eravamo 36 studenti di ben 27 nazioni. Tante culture e storie diverse, ecco la ricchezza della diversità. Finito il master mi misi a lavorare per Yoox, a Milano. Una scommessa, era una grande novità"
Un’esperienza, la sua, durata quanto?
"Fino al 2005, quando babbo si ammalò e io rientrai a Ravenna per prendere in mano l’azienda. L’impegno fu di tenerla aperta finché l’ultimo dipendente non fosse andato in pensione. Così è stato, ho chiuso a luglio; nel frattempo la collezione di pezzi d’arredo è diventata un museo itinerante, prima a Milano, quindi in Cina, poi vedremo...Sempre nel frattempo mi sono laureata in psicologia, e sono diventata madre di Aldo, 19 anni, e Andrea, 15".
E ha iniziato la professione...
"Prima il tirocinio in ospedale sui disturbi dell’alimentazione, poi scuola di specializzazione e alla fine l’attività. E grazie a un bando regionale ho organizzato questa struttura sanitaria, A.B. Mind, dove ho portato molte cose del babbo, quadri, arredi. Siamo in cinque psicologi, di diverso orientamento proprio per valutare meglio, insieme, i casi complessi".
Dicevamo che dopo il Covid il ricorso allo psicologo è diventato ricorrente...Chi è a chiedere aiuto?
"Soprattutto giovani e adulti fra i 18 e i 30 anni, molte le donne, più ricettive della necessità di farsi aiutare, famiglie con figli...e poi non dimentichiamo chi va in pensione".
Nel senso?
"Per molti è un trauma, perché si rendono conto che la loro vita cambierà e non riescono ad accettarlo. È il cosiddetto blocco evolutivo, il passaggio fra prima e dopo, prima e dopo il diploma e il ragazzo non sa andare avanti, prima e dopo il matrimonio, o il divorzio, in questi passaggi c’è chi si perde. Poi i problemi di coppia, quelli dei figli, un brutto voto, una reazione imprevedibile a scuola, episodi che allarmano. Io ascolto le storie, del babbo, della mamma, dei loro genitori. Noi tutti noi siamo il frutto di tante storie, lo psicologo serve a far ritrovare la strada...".
Carlo Raggi