SARA SERVADEI
Cronaca

Ravenna, il cambiamento climatico uccide le colture

L ’allarme delle associazioni: "Colpa del riscaldamento globale"

Edio Valgimigli mostra i danni della pioggia e della grandine sulle sue albicocche

Ravenna, 8 gennaio 2020 - Caldo, pioggia nei momenti più inopportuni, insetti stranieri: un anno da dimenticare per le nostre campagne. E le associazioni che si occupano di agricoltura a Ravenna puntano il dito contro un nemico invisibile, ma che si fa sempre più sentire: il cambiamento climatico. "L’agricoltura ravennate chiude un anno nero – spiega Andrea Betti, presidente di Confagricoltura Ravenna – perché i comparti più colpiti dagli effetti del cambiamento climatico, con fenomeni atmosferici improvvisi e proliferazione di insetti killer come la cimice asiatica, sono proprio quelli portanti per l’economia agricola del territorio".

Ed è sempre più forte la discussione circa cosa fare per arginare il fenomeno. "Il problema è che le varietà coltivate nel nostro territorio non sono state rinnovate negli ultimi anni – spiega Betti – e non possiamo pensare che si adatteranno al cambiamento in breve tempo. Le specie arboree, come peschi e viti, hanno bisogno di un tot di ore di freddo ogni anno. Il kiwi ha bisogno di acqua. In assenza di queste condizioni le produzioni calano". Per questo Confagricoltura guarda alla ricerca sull’editing del genoma: "Da non confondere con l’Ogm – prosegue Betti –. Significa selezionare quegli esemplari con caratteristiche nel dna che meglio si adattano. Abbiamo iniziato a raccogliere firme in tutta Italia, perché in Europa ancora non è permesso". Coldiretti pensa invece alla cimice asiatica: "Fondamentale il rifinanziamento del fondo di solidarietà con 80 milioni spalmati sul prossimo triennio, 40 subito per il 2020 – dice il presidente Nicola Dalmonte –. Risorse indispensabili per affrontare la drammatica emergenza della cimice".

Che l’anno sia stato nero lo dicono anche i dati. Per quanto riguarda la frutta, Confagricoltura stima danni dalla cimice asiatica per circa il 60% delle aziende della provincia. Tra le colture più sofferenti ci sono le pere a cui, secondo i dati di Cia, sono destinati 2030 ettari nel Ravennate. "A livello nazionale – scrive Cia nel suo report annuale – è l’anno di produzione più scarso rispetto alla media storica, con un calo stimato del 70%". In Romagna la stima è ‘solo’ meno 40%. Il kiwi, secondo quanto scrive la Cia, ha visto aumentare la produzione complessiva del 10%, ma "considerando che l’anno scorso si è raggiunto il minimo storico produttivo, il risultato è comunque basso e la percentuale prevista non positiva, inferiore alle potenzialità produttive romagnole di circa il 15%". Le pesche continuano la loro discesa. Negli ultimi 5 anni, secondo i dati di Cia, ne sono stati abbattuti 7269 ettari: "La più grande conversione frutticola di sempre". Qui al cambiamento climatico si uniscono anche le difficoltà economiche: da anni i prezzi sono molto bassi. C’è poi l’uva, altro cavallo di battaglia del nostro territorio. E che "nel Ravennate – dice Betti di Confagricoltura – ha perso il 30-40% del raccolto, tra uve bianche e rosse". Anche Coldiretti stima una vendemmia più scarsa del 30% rispetto al 2018, "ma comunque positiva per quanto riguarda la qualità del prodotto".

Infine un capitolo a parte è quello dei seminativi. Qui il cambiamento climatico ha sfasato i tempi della semina: "Nei campi di chi lo ha fatto in anticipo si vede anche il grano già alto, cosa impossibile anni fa – dice Betti di Confagricoltura –. Altri ancora non hanno seminato, perché le piogge e le condizioni climatiche non lo hanno permesso".