Agguato Arena: alla sbarra il ’quarto uomo’

È accusato di avere partecipato al tentato omicidio di Faenza. Momenti di tensione in aula con la madre dell’imputato accompagnata fuori

Agguato Arena: alla sbarra il ’quarto uomo’

Agguato Arena: alla sbarra il ’quarto uomo’

È iniziato martedì mattina il processo all’uomo sospettato di essere il quarto componente del gruppo criminale che l’8 luglio del 2009, in pieno centro a Faenza, cercò di uccidere Salvatore Arena. La vittima designata - imprenditore di origini catanesi - era ’colpevole’ agli occhi di un concorrente di non rinunciare a un appalto in un’azienda imolese.

Verso le 7 di 15 anni fa, dopo essere uscito dalla sua abitazione, Arena aveva notato un uomo in piedi sul marciapiede opposto: questi, una volta attraversata la strada, aveva impugnato una pistola sparando cinque colpi; due avevano raggiunto l’imprenditore a braccio e piede sinistro. La indagini coordinate dalla Dda, avevano inquadrato quali potenziali autori del delitto, Salvatore Randone, Antonino Nicotra e Antonino Rivilli: tutti erano poi stati rinviati a giudizio per tentato omicidio aggravato dall’associazione mafiosa e per una serie di altri reati tra cui la tentata estorsione. Il processo di primo grado si era concluso con condanne a 20 anni confermate in appello. La Cassazione aveva ribadito la condanna per l’estorsione annullando però quella per il tentato omicidio in attesa di nuovo appello.

Alla luce di quanto emerso anche in dibattimento, l’accusa, senza delinearne nello specifico il ruolo, aveva ipotizzato che un ulteriore potenziale co-autore del fallito agguato potesse essere Antonino Timpanaro residente a Castel Bolognese, difeso dagli avvocati Lorenzo Valgimigli e Alice Rondinini e nipote di Arena (è figlio della sorella). Timpanaro - secondo l’accusa - avrebbe avuto un ruolo importante nell’organizzazione di un incontro svoltosi due anni prima del fallito agguato a Piano Tavola, vicino a Catania, nel quale al fratello dell’Arena era stato chiesto di convincere il familiare a cessare le attività imprenditoriali che danneggiavano gli affari di Salvatore Randone.

In aula Arena ha risposto alle domande fornendo diversi particolari della vicenda compresi alcuni di quelli che avevano portato la Dda a ritenere il Timpanaro coinvolto. Arena, parte civile con l’avvocato Nicola Montefiori, ha parlato dei rapporti difficili con il nipote e ha ricordato che nel periodo successivo al tentato omicidio, la situazione patrimoniale del Timpanaro sarebbe migliorata. L’udienza è stata caratterizzata, specie nel finale, da momenti di tensione: dopo alcuni scambi, in particolare la madre dell’imputato ha urlato frasi in dialetto catanese ed è stata accompagnata fuori dall’aula. Nella prossima udienza di ottobre verrà ascoltata proprio lei.