REDAZIONE RAVENNA

Aeroporto militare. La città disse no. Altrimenti questi reperti sarebbero rimasti sepolti

La via Popilia nel II secolo a.C. collegava Classe al Veneto. L’eccezionale scoperta non figura negli elenchi archeologici. .

Aeroporto militare. La città disse no. Altrimenti questi reperti sarebbero rimasti sepolti

Aeroporto militare. La città disse no. Altrimenti questi reperti sarebbero rimasti sepolti

La via Popilia fu costruita dai romani nel 132 avanti Cristo durante il periodo repubblicano, per iniziativa del console Publio Popilio, e da Rimini conduceva ad Altino, nel Veneto, e ovviamente passava da Ravenna che all’epoca, e per molto, era una specie di piccola Venezia, un territorio percorso da canali, fiumi e fosse. A sud di Ravenna tracce della via Popilia sono state rinvenute già negli anni Sessanta, grazie alle ricerche di Arnaldo Roncuzzi e alla tecnica dell’aerofotografia.

Secondo Roncuzzi nel tratto fra Savio e l’aeroporto La Spreta, la via Popilia coincideva con la Carrara Ravignana. Tutto questo per dire che il tracciato di quell’importante strada (su cui poi si svilupperanno l’Adriatica, verso sud e la Romea verso nord) passava proprio dalle parti in cui ora sono affiorate le tracce della grande villa signorile dell’età romano-imperiale e della chiesa, costruita nel V-VI secolo sulle rovine dell’edificio e di cui nulla si sa, nel senso che non rientrerebbe in quell’elenco di chiese di cui si ha notizia storica, ma non si sono mai trovate tracce. Guarda caso il sito è all’ombra del radar dell’Enav, al limite della pista dell’aeroporto La Spreta: fortuna che nei primi anni Cinquanta la città si oppose alla costruzione dell’aeroporto militare proprio su quell’area. Se così fosse stato, addio alla eccezionale scoperta archeologica odierna. Quindi, tornando alla via Popilia, non è azzardato ipotizzare che l’intero territorio a sud di Classe verso Fosso Ghiaia possa in effetti nascondere altre vestigia del genere, insomma la Popilia un po’ come la via Cassia e le sue ville.

D’altra parte i resti di un’altra basilica del VI secolo, mai identificata (San Demetrio?) e per questo chiamata Ca’ Bianca dal toponimo del fondo, e che si trova in direzione est a meno di un chilometro dall’odierno sito archeologico, vennero individuati negli anni Sessanta del secolo scorso dallo stesso Roncuzzi e da Giuseppe Cortesi. E ancora è opportuno evidenziare come nell’area del vicino svincolo del semianello per Classe, ovvero a meno di un chilometro, è affiorata alcuni decenni fa una necropoli. Insomma tutti indizi che fanno ipotizzare, come si diceva, che l’abitato dell’antica Classe portuale (in massima parte evidentemente ben nascosto sotto all’abitato moderno e quindi mai esplorato) avesse propaggini verso sud. Un territorio in cui oggi solo lavori di scavo occasionali, per opere pubbliche o private, possono però permettere di fare importanti scoperte archeologiche.

c.r.