Ravenna, 4 novembre 2010 - «Io non sapevo neanche che il bar Roma in piazza del Popolo fosse in vendita. Gli imprenditori cinesi che dovrebbero subentrare sono coraggiosi, i ravennati hanno più paura a investire nel settore della ristorazione, perché in questa città è considerato più rischioso che in altre località». Giuseppe Pietropaolo, tra i titolari del Fellini e presidente comunale dei baristi di Confesercenti, commenta così la notizia del possibile acquisto da parte di imprenditori cinesi dello storico caffé di piazza del Popolo.
«Io vengo da Modena — continua — e sento continuamente dire che questa è una città abitudinaria e che il successo di un locale spesso è affidato alle mode e alle abitudini dei suoi abitanti. Basta guardarsi attorno: in piazza del Popolo ci sono tre bar, e non tutti lavorano allo stesso modo. Il timore è minore forse nel settore dell’abbigliamento, perché gli investimenti sono più contenuti, o perché si pensa ingenuamente che sia un ‘terreno’ più facile. E infatti è pieno di negozi che aprono e chiudono in pochi mesi».
Pietropaolo gestisce il locale di piazza Kennedy con Erika Buratti: «L’importante — sottolinea l’imprenditrice riferendosi al bar Roma — è che il livello della professionalità non si abbassi. Perché molti pensano che per gestire un bar sia sufficiente saper fare un caffé. Invece è molto altro. Un bar è un luogo conviviale, e bisogna saperci fare con la clientela, conoscerne esigenze e abitudini».
Per Graziano Parenti, presidente di Ascom Confcommercio, il possibile cambio di gestione del bar Roma sarebbe perfettamente in linea con la trasformazione della rete commerciale in atto ormai da anni. «L’espansione della comunità cinese nelle attività economiche — spiega Parenti — è un fenomeno ormai esteso nelle maggiori città italiane, e Ravenna si allinea anche se in ritardo. Non credo che il bar di piazza del Popolo non faccia gola anche ad imprenditori italiani. Questi ultimi però, non hanno la stessa disponibilità di liquidi dei ‘colleghi’ cinesi. Sono anni che invochiamo la necessità di trovare soluzioni, senza risultati».
Rudy Gatta, consigliere comunale del Pd, è invece «sorpreso». «La vivacità imprenditoriale — osserva — è un fenomeno che riguarda tutto il mondo quindi anche Ravenna. Io però ne faccio una questione identitaria, nel senso che alcuni posti legati alla tradizione e alla storia di una città dovrebbero essere preservati. Certo stiamo parlando di una trattativa privata e nessuno può metterci becco, però penso agli istituti bancari che fanno a gara per investire sul territorio, e mi chiedo se non ci sia il modo di coinvolgere nell’acquisto di un locale così significativo gli imprenditori locali. È un po’ come se improvvisamente alla Ca de’ Vèn iniziassero a vendere il Kebab».
Diverso il punto di vista del vicesindaco Giannantonio Mingozzi, convinto che l’arrivo di imprenditori cinesi nel cuore della città sia semplicemente un segno dei tempi. «Potrebbe sembrare uno schiaffo alla tradizione — dice — ma non è così, al contrario piazza del Popolo diventerebbe internazionale e non potrebbe che essere positivo. Negli altri ristoranti e bar che la comunità cinese ha aperto o rilevato in città, come quello in via Trieste, ha dimostrato finora professionalità, qualità e fin troppa pignoleria. Gli imprenditori cinesi ci tengono a fare una buona impressione e riescono ad ammortizzare i costi dei loro investimenti avviando più di una attività. Non amo molto i negozi tipo bazar che vendono un po’ di tutto, ma noto grande serietà nei bar e nei ristoranti gestiti dalla comunità cinese, soprattutto di ultima generazione. Sono professionisti seri, e vengono da una nazione con un’economia che sta facendo faville».
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