ANTONELLA COPPARI
Politica

Il futuro della Lega, paura per le Europee e tensioni sulla leadership. Veneto conteso da FdI

Il Nord contesta la linea sovranista, ma i segretari regionali stanno con Salvini. Suggestione Fedriga alla guida del partito. Il braccio di ferro per il dopo Zaia

Roma, 15 marzo 2024 – Hic manebimus optime: qui staremo benissimo. Sul terzo mandato Salvini ha preso l’ennesima mazzata. Persino l’emendamento sull’abolizione dei ballottaggi per i grandi comuni – una modifica che vuole la premier – non è riuscito a passare: riforma sì, ma non per blitz e per di più solo con la firma del leghista. La serie di colpi è proseguita ieri: fuori gioco il presidente uscente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, una postazione che la Lega considerava irrinunciabile. Ombre di pantano anche sull’autonomia. Dovrebbe essere approvata in via definitiva prima delle Europee, ma un drappello di parlamentari tricolori dubita dell’opportunità: sarà il caso di varare una riforma che nel Meridione detestano un attimo prima di aprire le urne? Poi c’è il ponte. Anche sul fronte più "suo" che ci sia la fortuna non arride al Capitano: mirava a iniziare i lavori a ridosso dell’estate, ce la farà in autunno e ancora ancora. Insomma, il periodo nero non accenna a finire. 

Le anime della Lega
Le anime della Lega

Eppure scalzare Salvini dal trono leghista sembra irrealistico. I congressi regionali li ha vinti tutti, e ha messo i suoi uomini nei posti chiave. Manca il congresso lombardo ma sono 9 anni che non si riunisce e chissà quando ricomparirà. Quanto all’assise nazionale "tre mesi prima delle Europee non se ne parla", chiarisce il capo dei deputati leghisti, Riccardo Molinari. È difficile che se ne parli pure tre mesi dopo. Probabilmente non si terrà prima del 2025. Ma i malumori che ci sono non riescono a sedimentarsi in un progetto alternativo. L’ idea di rimuovere il Capitano da una lista che all’anagrafe risponde al nome di ’Salvini premier’ è una mission impossible . "Bisogna togliere la dicitura ora, domani è già tardi: non serve un congresso, basta la volontà politica", dice l’ex segretario della Lega Lombarda, Paolo Grimoldi. L’appena defenestrato da Gianantonio Da Re aggiunge: "Salvini se ne dovrebbe andare subito". Per il momento, se n’è dovuto andare lui. La tensione con i governatori del Nord è forte, anche perché a loro, che guardano alla rappresentanza d’interessi più che all’ideologia sovranista, l’idea di restare per altri cinque anni fuori dai giochi in Europa non sorride. Il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, tuttavia, l’unico che potrebbe ambire alla corona per il momento spalleggia il leader. Quanto all’ipotesi di un triumvirato di traghettatori (i governatori Zaia, Fontana e Fedriga) pare impraticabile: solo per la malattia di Bossi, nel 2012, fu utilizzato.

Insomma Salvini vacilla, è un capo debole e tuttavia, a modo suo, saldamente al timone. Ma rischi ne corre e sono due i terremoti che potrebbero rovesciarlo. Il primo sono proprio le Europee: sotto una certa soglia metterlo alla porta diventerebbe per il partito una questione di sopravvivenza l’ex ministro Castelli, leghista della prima ora e oggi fondatore del partito del Nord fissa l’asticella al 6%. Ma per quanto in picchiata che la Lega precipiti fino a questo punto è improbabile.

Più serio il rischio che corre nel Veneto, storia ancora di là da venire.

L’assessore zaiano allo Sviluppo economico, Roberto Marcato, tutt’altro che ortodosso, va giù esplicito: "Se FdI dice noi e basta, dobbiamo andare al voto da soli, senza gli alleati. Costruiamo un’alleanza con la lista Lega, la lista Zaia e una lista autonomista veneta e vinciamo". Finché a pensarla così sono i pasdaran non c’è problema. "Divisi si perde", ammonisce il coordinatore in Veneto di FdI, Luca De Carlo. Ma se a mettersi di mezzo fosse Zaia come gli chiede Da Re ("scenda in trincea") la situazione sfuggirebbe a ogni controllo. La via d’uscita? Sostituire Zaia con qualcuno da lui indicato, lasciando così le bandiere di Pontida sulla roccaforte. "È una possibilità. Ma è una possibilità pure che ci sia un candidato di FdI", afferma De Carlo. Non sarà facile: Giorgia Meloni a conquistare il Veneto ci tiene.