Bologna, 6 ottobre 2022 - L’atteso intervento in Direzione Pd di Stefano Bonaccini alla fine non c’è stato. Il governatore è effettivamente andato a Roma, come anticipato, ma ha scelto di non esporsi nel dibattito. Il suo no allo scioglimento del simbolo dem, però, è stato raccolto e così il presidente della Regione ha scelto il silenzio-consenso del percorso indicato da Letta. "Condivido il percorso proposto da Enrico Letta, col quale ci siamo confrontati nei giorni scorsi: un congresso vero in cui riaffermare e rigenerare l'identità del Pd. Lo faremo in tempi certi e ragionevoli, perché il Paese ha bisogno di un Governo ma anche di un'opposizione pienamente in campo. Partiamo oggi per discutere del progetto del Pd e dell'Italia. Non di alleanze di là da venire. Analizzare le ragioni della sconfitta è essenziale, ma con lo sguardo rivolto al presente e al futuro, perché è su questo che saremo misurati. Un congresso per discutere con le persone nella società, non nel chiuso di una stanza, perché la democrazia si nutre di partecipazione. E già il fatto che non si discuta più di nome e simbolo lo considero un passo avanti: i problemi che dobbiamo affrontare adesso sono di sostanza, non di forma".
Il segretario nazionale del Pd, Enrico Letta, infatti, nel dettare la road map per il congresso (che va concluso entro l’inverno) con le primarie e il nuovo leader a marzo, ha anche chiuso alla possibilità di ‘chiudere’ i dem. Tutti temi che, di fatto, hanno convinto il governatore emiliano-romagnolo, favorevole a una rigenerazione del partito senza liquidare i dem e a un congresso che non vada alle calende greche.
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Letta si è comunque preso la responsabilità della sconfitta, ma senza drammatizzazioni, perché "il risultato non è stato catastrofico", la sua analisi del voto. A spingere per un 'congresso rapido e in tempi certi' la gran parte della pattuglia emiliano-romagnola, pro governatore, a partire dal segretario regionale Pd Luigi Tosiani che ha chiesto un "congresso vero che guarda all’Italia e non solo al passato, con una moratoria sulle alleanze" e un nuovo partito, ma che "non va superato, ma cambiato".
Con una certezza: "C’è tanto Pd fuori dal Pd". Duro l’ex deputato Gianluca Benamati sulla sconfitta ("la più grave di sempre") e certo sulla necessità dell’assise dem, che va fatta in tempi rapidi, senza dilazioni, approvando il cronoprogramma di Letta. In linea per uno sprint, senza perdite di tempo in vista del congresso, il deputato Andrea De Maria, il primo a schierarsi con Bonaccini. “I tempi non sono una variabile indipendente. La priorità non è chiuderci nella nostra discussione ma mettere in campo una forte iniziativa nel Paese. E quindi penso che non si debba perdere tempo per fare il congresso, quindi bene Letta che ha indicato tempi certi e un percorso ben definito“. Meno convinto di un’ accelerazione il sindaco Matteo Lepore, intervenuto da 'remoto’, in linea con l’ala sinistra del partito: "Serve una vera rivoluzione del gruppo dirigente. Non parlo di rottamazione, ma serve un congresso davvero costituente che deve farci sapere dove arriveremo e che cosa saremo. I tempi? Prima scegliamo che parte di paese vogliamo rappresentare. Che duri un mese o sei, dobbiamo capire chi siamo. Altrimenti non cambia nulla fare le primarie la prossima settimana".