Da una parte Daniele Vimini prende tempo. Ma da un’altra dice chiaramente che non essendo elegante autocandidarsi, lo farà solamente a tempo debito. Magari quando qualcuno dirà chiaramente che c’è bisogno di lui come candidato sindaco del Pd. "Non credo sia utile che il Partito Democratico – scrive il vice sindaco Daniele Vimini –, che in una sua riunione ufficiale due mesi fa ha scelto di arrivare ad un nome condiviso a inizio 2024, anticipi ora in alcun modo decisioni o prese di posizione, rischiando di collocare il giusto ragionamento con gli alleati in un periodo in cui il quadro nazionale verso le europee è ancora tutto in evoluzione". Non solo. A differenza di Andrea Biancani, il vice sindaco non si fa avanti direttamente. Ma si capisce che stavolta il candidato lo vorrebbe fare per davvero: "Negli ultimi anni e sempre in squadra, ho lavorato – spiega – anche alla più formidabile stagione di ottenimento di finanziamenti per il tessuto urbano, rischiando e mettendo la faccia sulla quasi totalità degli obiettivi e delle progettazioni di edifici per l’abitare, per il lavoro e la cultura che porteranno nei prossimi anni a riqualificare almeno 6 palazzi storici che fino a qualche anno fa tutti pensavamo senza soluzioni".
Il passaggio principale: "Avrei voglia o mi sentirei in grado da sindaco di accompagnarne il completamento, la rifunzionalizzazione e più in generale l’armonizzazione di una città che in questi anni abbiamo sempre più legato al coinvolgimento dei quartieri e al dialogo con gli altri comuni limitrofi e della provincia? Penso proprio di sì. Scomparirei sull’Aventino se non me ne fosse data la possibilità? Sicuramente no".
Poi Vimini spiega anche la sua innata riluttanza: "Non ho mai chiesto nessuno dei ruoli che mi sono ritrovato a svolgere in questi anni, ma ho sempre accettato – scrive – di fare la mia parte in una squadra, essendone onorato e a mia volta guidando e assegnando responsabilità ad altri. Così sarà anche questa volta. Allo stesso modo non accetto che si voglia strumentalmente confondere uno stile o un fair play, credo utile anche alla politica in generale, per disinteresse o altro. Avanti tutta, insieme perché Pesaro ha ancora bisogno di tanto e merita tantissimo". Difficile tradurre il Vimini pensiero. Che nasce da un continuo avanti-indietro politico, che lo ha rappresentato a lungo in questi dieci anni di vice sindaco e nei precedenti da segretario comunale del partito. Se da una parte dice sì alla candidatura, dall’altra spiega perché ha altre cose urgenti da fare: dai viaggi in Estremo Oriente o in America con il Rof alla gestione dell’ormai imminente avvio di Pesaro capitale della cultura: "La piena responsabilità che sento su di me per la migliore riuscita mi impedisce, anche sul piano morale e di opportunità, oltreché naturalmente su quello del tempo a disposizione, di iscrivermi per ora ad una campagna elettorale tutt’altro che iniziata, e che vede tutti ancora particolarmente abbottonati, compreso il centrodestra che avrebbe anche l’onere per primo di lanciare sfida".
"Lo dico per un minimo di esperienza politica – ribadisce Vimini che ricorda i vent’anni di lavoro – data dall’avere guidato per dieci anni il Pd da segretario comunale, avendo contribuito alla elezione e alla riconferma di due sindaci e gestito alleati e dinamiche di coalizione, fuori e dentro il consiglio comunale, in fasi turbolente come in quelle esaltanti".
Come dire: chi ha lavorato più di me per la città e per il partito: "Negli ultimi nove anni ho assunto un ruolo completamente amministrativo in cui abbiamo con un certo successo raggiunto, dal riconoscimento Unesco, alla Capitale Italiana della Cultura passando per l’avere condotto le principali istituzioni culturali della città, Rof, Ente Olivieri e Mostra del Cinema su tutte a rilanci necessari, complessi e riconosciuti a livello internazionale".
Sarà anche un discorso non chiarissimo, ma di certo Vimini vuole concorrere alla scelta del candidato. Vedere per credere.
Luigi Luminati