ELISABETTA FERRI
Cultura e spettacoli

La grande giornata di Marina Abramovic illumina la Capitale della Cultura

La performer serba incanta l'uditorio alla conferenza stampa di Villa Imperiale: "L'arte? Al 90% duro lavoro, al 10% talento. Non è Instagram, nè Tik Tok, bisogna essere chiari. La tecnologia? Non la reputo negativa, è la dipendenza che crea nelle persone ad esserlo". Mostra prorogata al 23 giugno

Pesaro, 18 giugno 2024 – Il carisma non si può descrivere, è immateriale, si avverte nell’aria. E quando Marina Abramovic fa il suo ingresso a Villa Imperiale, ma soprattutto quando comincia a parlare, si percepisce che è soprattutto grazie a questo se è diventata una celebrità mondiale. Che ha regalato alla capitale della cultura il diamante che mancava su una collana piena di perle.

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“Il successo è arrivato tardi nella mia vita, attorno ai 60 anni – racconta la Abramovic, che oggi ha 77 anni – per cui so gestirlo e non mi interessa. Se mi avesse travolto da giovane probabilmente sarei andata in overdose, invece negli anni ‘70 facevo delle cose terribili stroncate dalla critica. Ai giovani artisti perciò dico: non abbiate paura di niente e di nessuno, sperimentate senza essere condizionati dall’opinione altrui”.

Marina Abramovic (a destra) e il regista di 'The Life' Todd Eckert all'evento a Villa Imperiale a Pesaro
Marina Abramovic (a destra) e il regista di 'The Life' Todd Eckert all'evento a Villa Imperiale a Pesaro

Il concetto di arte

La performer serba è molto severa sul concetto di arte “che non è Instagram né tik Tok, siamo chiari su questo!” avverte. E spiega: “Non puoi voler essere un artista, o lo sei o non lo sei. Lo sei se ti svegli la mattina con delle idee e sei pazzo di queste idee, devi realizzarle altrimenti non respiri. Ma per realizzarle serve sacrificio, quello che molti non accettano è che l’arte è per il 90% duro lavoro e per il 10% talento. E comunque penso che in ogni secolo nascano massimo un paio di geni, quelli che io chiamo wow-artist, gli eroi che resteranno per sempre”.

Un'immagine dell'ologramma di Marina Abramovic vista dal visore
Un'immagine dell'ologramma di Marina Abramovic vista dal visore

La tecnologia

Con la tecnologia, che pure è il fulcro di The Life, l’installazione che sta sbancando al Centro Arti Visive Pescheria (prorogata fino al 23 giugno), ha un rapporto bivalente: “Non la reputo negativa, negativa è la dipendenza che crea nelle persone” sottolinea. E ricorda il suo impatto con la realtà virtuale: “La prima esperienza era stata pessima, ma gli errori sono necessari lungo la strada. Perciò quando Todd Eckert è venuto da me proponendomi questo progetto ho accettato, dato che ho lavorato per 55 anni col mio corpo e avevo il desiderio di sperimentare la tecnologia: la carta vincente è stato il mix, la realtà mista che ha creato qualcosa di davvero vero e allo stesso tempo non vero. In questo gioco di luce io sono il fantasma, per cui è possibile anche passarmi attraverso, non come in un film dove la realtà è bi-dimensionale e non puoi scegliere l’angolo da cui guardarlo”. Con l’intelligenza artificiale però non vuole avere contatti: “Un disastro, se non torneremo alla semplicità noi perderemo come umanità”.

Il regista Todd Eckert

Su questo concorda anche il regista di The Life, Todd Eckert: “Ogni paio d’anni nascono nuove tecnologie e una di queste diventa più popolare. Ma è l’uomo che ci sta dietro a dargli valore, perciò non la considero una minaccia” dice. Il dibattito si amplia poi sul concetto di immortalità che pervade The Life: “Un percorso che ha più significati. Permetterà di conservare la mia presenza anche quando non sarò più su questa terra – sorride Marina -. O magari fra 300 anni non ci sarà più l’elettricità nè le batterie, oppure un’asteroide sarà caduto sul nostro pianeta e l’avrà distrutto. Farmi ibernare? Preferirei vivere fino a 103 anni... poi ci sarà The Life”.

Ecco affiorare l’ironia sagace dei popoli slavi. “La ex Jugoslavia, da cui provengo, è sempre stata il ponte fra Oriente e Occidente: ho passato vent’anni coi monaci tibetani per imparare la meditazione e un anno con gli aborigeni per imparare a non aver paura del dolore. E ho capito che la mia vita e la performance ormai coincidono, sono la stessa cosa”. Dopo aver firmato le copie del suo libro ed essersi concessa anche ai selfie, prende il suo bastone nero e dice: “Ora andiamo a riposarci un po’ perché ci aspetta l’appuntamento a teatro: l’interazione con il pubblico è quello che mi sta più a cuore del mio lavoro. L’arte è trasmettere un contenuto, non è far soldi”. E se ne va circondata dalla sua aura magica. Ah, il carisma!