"Il momento più emozionate è stato quando alla stazione di Pesaro, insieme a mia sorella Kadigia, che mi stava aspettando preoccupata, mi sono collegato con mia madre Malika in Marocco e l’ho sentita sciogliersi in un pianto liberatorio". Youssef Bentakhou, 24 anni, marocchino, studente di Farmacia in Ucraina, conserva come una reliquia il biglietto del treno da Bratislava a Roma. È quello che gli ha permesso di raccontare questa storia, servendosi come interprete del nipote Younes, studente del liceo scientifico urbinate. Youssef, nel suo appartamento in affitto a Kharkiv ha lasciato tutto, ed è riuscito a prendere solo il passaporto. Documenti, vestiti, soldi e altro sono rimasti in quella casa, che chissà se ora sarà ancora in piedi.
"Kharkiv - racconta - è una delle città simbolo dell’Ucraina, ai confini con la Russia, dove più forti sono stati i bombardamenti: era l’orgoglio della nazione, ma ora non esiste più". L’avventura di Youssef era iniziata sotto buoni auspici: a settembre 2021 il giovane si era ben inserito tra gli studenti dell’Università della città, secondo un programma di gemellaggio con il suo Paese. Una comunità studentesca cosmopolita, fatta anche di arabi, indiani, cinesi: aveva trovato casa con amici e non aveva rinvenuto differenze tra la popolazione di lingua russa e quella che parlava l’ucraino. Si era accorto che i cittadini di questa metropoli convivevano con i problemi di una possibile guerra da ormai otto anni, ma nessuno pensava a una deflagrazione imminente. Come il tenente Drogo nel Deserto dei Tartari, erano in perenne attesa di eventi che forse non sarebbero mai accaduti.
Ma gli studenti stranieri a gennaio cominciano a preoccuparsi alle notizie di truppe russe che si ammassano ai confini, sebbene il Rettore li inviti a restare per completare l’anno accademico. E così, alle cinque dell’alba gelida e tragica del 25 febbraio, i razzi illuminano le strade, gli aerei invadono il cielo terso e colpiscono basi militari, obiettivi strategici e poi anche palazzi. Si è combattuto "strada per strada" e la gente fuggiva scalza sulla neve. "Tre bombe cadono proprio davanti alla mia casa - racconta Youssef - e i muri sembravano sul punto di cedere". Decide così di tornare in Marocco in aereo, ma i cieli vengono interdetti ai voli. "Con due amici – prosegue - mi metto alla ricerca di un treno. Un viaggio allucinante di 32 ore, per arrivare a Uzhorod, al confine con la Slovacchia, con centinaia di persone una sull’altra e il convoglio successivo sfiorato da una bomba alla stazione". È provato, Youssef: "L’importante è che sono riuscito a salvarmi", aggiunge commosso. "Per il futuro vedremo. Cercherò di inserirmi nel mondo del lavoro, qui in Italia". La vita, a volte, ti offre una seconda opportunità.
Amedeo Pisciolini