E adesso, testa bassa e pedalare. Se poi è vero, come ha raccontato ai tifosi domenica scorsa Rino De Laurentiis (al quale è stata recapitata una lettera di richiamo dal club), che finora gli allenamenti sono stati di bassa qualità, a maggior ragione. Strano, però, che nessuno se ne sia accorto da agosto ad oggi: dagli assistenti al preparatore, fino ai dirigenti che quotidianamente stanno in palestra con la squadra, per finire con gli stessi giocatori, tutta gente con una certa esperienza, sia anagrafica che cestistica, che avrebbe anche potuto essere meno passiva e magari suggerire correttivi col giusto spirito di partecipazione che dev’esserci all’interno di una squadra. Ma se invece l’impostazione del lavoro è stata sbagliata sin qui, se la squadra è confusa, se i ruoli non sono chiari, se la difesa concede troppo, è il momento di mettersi i tappi di cera nelle orecchie e, come Ulisse, farsi legare all’albero maestro e non ascoltare più nessuna sirena che non sia la voce del coach che adesso li guida. A Spiro Leka, che questa settimana inizia il suo vero lavoro, viene chiesto un surplus come a tutti quelli che entrano in corsa su una situazione che non funzionava: cancellare le incertezze, ristabilire le gerarchie, riportare fiducia. Perché forse al momento riportare il sorriso, come aveva auspicato il coach al suo arrivo, sarebbe chiedere troppo. Quello tornerà spontaneamente quando inizierà ad arrivare qualche vittoria.
"Abbiamo fatto un mezzo passo avanti nel passarci la palla, ma la fermiamo ancora troppo – ha sottolineato Leka dopo il ko casalingo con Verona –. E, se fai così, poi le difese avversarie sono agevolate". Nei tre giorni che avevano preceduto la partita con la Tezenis, Spiro aveva raccontato "di aver aggiunto un solo gioco d’attacco" ma d’altronde il tempo era stato tiranno perché dopo la debacle di Forlì, il giovedì la squadra non aveva fatto un vero allenamento e il coach albanese aveva preso le redini del gruppo solo da venerdì. Ma adesso, con (quasi) una settimana di tempo, a Milano si gioca di sabato, magari qualcosa si riuscirà a cambiare.
"Ci conosciamo da poco coi ragazzi, ma un conto è vederli in allenamento e un altro vederli giocare sotto pressione – è un altro dei concetti significativi pronunciati al termine del match con Verona -. In questo campionato non serve essere belli, qui tocca essere sporchi e capire alla svelta che aria tira in A2: se non lotti per 40’ è difficile su qualsiasi campo". Ma prima di tutto, appunto, c’è da ricostruire un autostima che oggi sembra sotto i tacchi: "Quando sono arrivato li ho trovati a terra - ammette Leka -. Manca la convinzione che viene dalla serenità, perché anche se li vedete grandi e grossi sono sempre dei ragazzi con le loro fragilità. Ci serve un risultato positivo per rialzare la testa".
Elisabetta Ferri