Primo nato, dopo quattro giorni. Come tasso di natalità, Pesaro lascia un po’ a desiderare. Comunque, il maschietto di 3 chili mezzo, italiano, che ieri alle 17 circa ha lanciato il primo vagito nel ’rinato’ punto nascita del San Salvatore, riaperto lunedì scorso, è da più punti di vista un segnale. Il bimbo è figlio di una coppia che aveva già programmato il parto cesareo. Ieri le contrazioni della mamma hanno accelerato il tutto. E l’equipe ha proceduto all’intervento.
"Abbiamo aperto da quattro giorni – dice Claudio Cicoli, 65 anni, direttore Ostetricia e Ginecologia Marche Nord, un medico con 40 anni di esperienza – e siamo a una nascita... A me piacerebbe un punto nascita dove nascono 1500 bimbi all’anno. Sarebbe, io credo, più bello per tutti: gli operatori, le ostetriche, per gli studenti che vengono qui a specializzarsi. Io vorrei un punto nascita solo fatto a Pesaro. Urbino va bene, è distante, difficile da raggiungere, è giusto che ce l’abbia, ma tenere due punti nascita, Pesaro e Fano, praticamente a chilometri zero, secondo me ha poco senso".
"Non è questione di campanilismo – prosegue Cicoli – la cosa importante è dire ’sono nato bene’, non ’sono nato a Fano’ o ’sono nato a Pesaro’. Infatti, è avere un punto nascita che abbia anche i medici per l’emergenza che fa la differenza, ma ora non ce l’abbiamo. Guardiamo Rimini: una provincia, un punto nascita, ci sono tre medici di notte in ospedale, idem al Salesi. Perché noi tre punti nascita, in provincia? Oggi la gente vuole i servizi sicuri, anche se deve fare 15 chilometri per raggiungere l’ospedale. Se capita un caso di distacco di placenta, devi far nascere il bimbo il prima possibile. Ma solo se puoi disporre un’unità di emergenza, non devi chiamare il reperibile e aspettare quella mezz’ora che arrivi".
Ma non considera positivo la riapertura del punto nascita di Pesaro?
"Sì, certo, Pesaro deve averlo, però anche con l’avvento delle nuove Ast (che saranno operative dal prossimo a gennaio, ndr) sarebbe bello che i politici si mettessero intorno a un tavolo e rivedessero la geografia dei punti nascita, nell’ottica di favorire la popolazione".
Ma il punto di Pesaro ora su quanto personale conta?
"Due medici al mattino, due al pomeriggio, uno di notte con un reperibile. Poi un secondo reperibile che provvede alle emergenze chirurgiche. E se capita un’emergenza, come appunto citavo il distacco della placenta, va avviata la sala operatoria, quindi serve il personale per quello".
Ora i tassi di natalità sono praticamente a picco...
"Ecco, calcoliamo che nel 2010 anni fa nascevano nelle Marche circa 16mila bambini, quest’anno a fine novembre siamo a circa 8300. La natalità era già diminuita negli anni ’90, quindi ora ci sono anche meno donne-mamme potenziali".
Con questi numeri, che scenari si profilano in un futuro prossimo?
"Al di sotto dei 500 parti l’anno il decreto diceva che un punto nascita doveva essere chiuso. Quest’anno in provincia non credo che nasceranno più 1500 bimbi: a Fano ne possiamo stimare circa mille, a Pesaro siamo a uno per ora, facciamo che arriviamo a 30 da qui a fine anno, Urbino sui 500 circa. Quindi, siamo al limite".
In sostanza, lei sta dicendo che solo Pesaro dovrebbe avere il punto nascita, e Fano no...
"Pesaro essendo capoluogo di provincia deve averlo, ma se non si considera come un’unica realtà con Fano usciremo sempre sconfitti da una politica sanitaria che oggi richiede eccellenze e una organizzazione al passo di quello che la gente vuole. Mi auguro che questa nuova Ast possa ridisegnare tutto questo. Aspettiamo fiduciosi. Ma i politici devono ascoltarci".
Alessandro Mazzanti