ANTONELLA MARCHIONNI
Cronaca

Truffati e dimenticati, il calvario di un’azienda: “Lo Stato non ci aiuta e noi stiamo fallendo”

Simone Cecchini, titolare della Coffee 23 di Pesaro: nel 2016 perse 37mila euro. E ora non ce la fa ad accedere al fondo per le vittime della mafia

Simone Cecchini mostra la sua richiesta fatta alla prefettura

Simone Cecchini mostra la sua richiesta fatta alla prefettura

Pesaro, 19 dicembre 2024 – “Truffati da una società che faceva affari con la ‘ndrangheta calabrese. Abbiamo perso tutto e lo Stato sembra essersi dimenticato di noi”. È l’amaro bilancio di Simone Cecchini, uno dei titolari della Coffee 23 snc. Dal 2016, insieme al suo socio, ha perso 37mila euro per essere caduto nella trappola di Dante Mannolo, 56 anni, calabrese. L’imputato, poi diventato collaboratore di giustizia, è stato condannato per aver raggirato almeno 90 ditte sparse in tutta Italia e anche a Pesaro. La ditta si chiamava Eurodistribuzione srl e commercializzava alimenti, in particolare caffè.

“Questa società – spiega Cecchini –, comprava e rivendeva merce in Calabria. fino a quando abbiamo chiesto il pagamento alla consegna non ci sono stati problemi ma poi hanno iniziato a domandarci di poter pagare con assegni post datati. quando ci siamo accorti che questi erano scoperti abbiamo anche trovato il loro magazzino vuoto e i titolari erano scomparsi”. La Eurodistribuzione è stata dichiarata fallita nel 2017 ma già da giugno 2016 la sede che avevano affittato era stata chiusa: Mannolo e complici avevano lasciato un cartello nel portone con su scritto “chiuso per lutto” e hanno fatto perdere le tracce fino al 2019 quando Mannolo è stato arrestato dai carabinieri.

Tra il 2015 e il 2016 dai capannoni di via del vallo (zona pica), fecero sparire merce per un valore di 500 mila euro. Condannati anche gli altri imputati, Melania Scumaci e Luigi Palaia per associazione a delinquere, bancarotta e truffa e Francesco Rijitano e Gregorio Capano. “Dopo la fine del processo per noi è stato possibile chiedere aiuto allo stato – racconta Simone cecchini –: abbiamo fatto richiesta in prefettura per poter accedere al “fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso”.

"Abbiamo sofferto le pene dell’inferno per tenere aperta l’azienda. La nostra domanda è stata protocollata a luglio e lo stato ancora non si è interessato di noi. Nel frattempo stiamo fallendo e non riusciamo a tenere aperta la nostra attività in via Montanelli. Non riusciamo neanche a pagare l’affitto del capannone di 430 euro al mese. Il contratto scade a fine anno e il proprietario ci ha concesso fino a fine gennaio per sgomberare il magazzino. Quando arriveranno i soldi del risarcimento avremo già chiuso la nostra attività. Siamo veramente delusi e allo stesso tempo arrabbiatissimi. Veder morire la nostra azienda sapendo di poter vantare un credito nei confronti dello stato per essere stati vittime di una vicenda del genere fa davvero male. Finora il proprietario dei locali e i fornitori ci hanno aiutato ad attendere questi soldi, ma per noi ormai è tardi”.