
Pesaro, 19 agosto 2020 - Era l’estate del 1976. E c’era nell’aria veramente qualcosa di nuovo: nasceva Stereo Pesaro 103. All’epoca si ascoltavano musiche insolite, si sentivano voci, qualcuno parlava di "fare una radio". Già da un po’ tecnici smanettoni avevano scoperto che si poteva attaccare una macchinetta anche semplicemente allo stereo di casa, ed iniziare a far ascoltare musica e parole nel quartiere e oltre. Succedeva in tutta Italia, in contemporanea. E succedeva anche a Pesaro. Ci si sentiva un po’ pionieri, un po’ pirati. Per cui si trasmetteva di nascosto, con antenne dissimulate e mimetizzate a fianco dei comignoli, con studi realizzati negli scantinati. Poi arrivò la “sentenza libera tutti“ il 28 luglio 1976.
E finalmente si poteva dire che si “faceva radio“. A Pesaro l’idea era venuta a tanti, ma “Stereo Pesaro 103“ era partita forse un secondo prima, o forse tecnicamente un po’ meglio, insomma, di lì a poco, in città si incominciò a dire "l’ha detto la radio" e quella radio era “Stereo Pesaro“. Chi c’era, sia da una parte che dall’altra del microfono non può non ricordare quegli anni. I primi notiziari, le prime telefonate in onda, le prime telecronache, e poi le notti in diretta per mettere un disco dopo l’altro, i registratori a bobina, i quiz a premi, le dediche e i “temibili“ programmi di musica iperspecializzata, gli scherzi telefonici e il dialettale, il programma per i bambini e il Domenicone!
“Stereo Pesaro 103“ ha avuto sin da subito (dopo l’inevitabile periodo di "prove tecniche di trasmissione") un vero palinsesto fatto di programmi con titolo, sigla, conduttori e ospiti; ha dato avvio a carriere giornalistiche, ha battuto record di ascolto; è addirittura restata nelle classifiche di Audiradio anche anni dopo la fine delle trasmissioni. Insomma, nell’immaginario e nel ricordo della città è stata "la radio" e nel cuore di chi è passato per quei microfoni, la concretizzazione di un sogno: quello, appunto di "fare radio".

Si cominciò, dunque, sotto la casa, nella cantina di Claudio Conforti, in viale Trieste. Tra quelli che lo aiutarono dalla prima ora c’era anche Paolo Pagnini, che oggi 63enne, è rimasto nell’ambito dell’informazione ed ha creato con i suoi collaboratori "Pesaro Village". Pagnini racconta: "C’ero praticamente dall’inizio, da quella prima estate trascorsa in uno scantinato di viale Trieste, da arieggiare ogni mattina per far uscire una specie di cortina di fumo denso, lasciata da conduttori e tecnici delle trasmissioni notturne della sera prima. Si stava un po’ stretti, ma si sapeva già che a fine estate ci si sarebbe trasferiti nella nuova sede che si favoleggiava tecnologicamente attrezzatissima, con uffici e… grandi finestre! Pochissimi avevano la possibilità di andare a vedere il progredire dei lavori, ma la fiducia era massima: sarebbe stata una meraviglia. E in effetti così è stato: in ottobre l’attesa è stata premiata.
Con l’entrata nei nuovi studi di via Sciesa 9 (zona Pantano), si poteva dire che la radio era "diventata grande" e non solo nel senso di adulta". Anni dopo, con l’acquisizione di “Radio Città Uno“, nata da una precedente scissione, e con l’avvio dell’avventura televisiva di “Studio 103“ è stato necessario traslocare di nuovo, questa volta addirittura in una palazzina alle pendici della Panoramica, in via Angeli, ma il periodo del boom, della crescita vertiginosa degli ascolti, delle cene aziendali natalizie con oltre 50 tra dipendenti e collaboratori, corrispondono al periodo di via Sciesa. L’avventura di “Stereo Pesaro 103“ resta, nei ricordi di chi ne ha fatto parte, come un periodo che ha proprio caratterizzato un pezzo importante di vita personale e cittadina.
La sensazione era quella di stare, in modo attivo, dentro la storia della città, e in molti casi dell’Italia intera (superfluo qui ricordare cosa succedeva in quegli anni a cavallo tra la seconda metà degli anni ’70 e l’inizio degli ’80). Si era di certo tutti più giovani (alcuni molto giovani) e la sensazione di "avere tutta la vita davanti" era molto intensa. "La musica – conclude l’eclettico Paolo Pagnini – accompagnava in maniera preponderante le nostre giornate e nottate, e ci si sfidava a colpi di scoperte e di acquisti di dischi e di diavolerie tecniche che riempivano le nostre abitazioni facendole diventare a tutti gli effetti versioni casalinghe degli studi radiofonici, in una sorta di immersione totale in quell’idea di “fare radio“ che, per molti è diventata una specie di imprinting che ha poi condizionato in senso più che positivo tutto il seguito e che si ritrova ancora oggi nei comportamenti, atteggiamenti e professioni di chi, in quegli anni, si è ritrovato ad armeggiare tra dischi, mixer, microfoni e notizie".
ECCO CHI CI LAVORO'
Claudio Conforti (l’ideatore), Guido Ceccolini (il tecnico), Paolo Tartaglia (la mente finanziaria), Gigliola Gori (zia Gil) e Marcello Mamini (le prime voci), Patrizia Caimi, Costanza Lucchino (zia Co), Dario Delle Noci (Roy), Patrizia Romagnoli, Anna Rita Ioni, Massimiliano Panicali, Marco Zonghetti, Lallo Cupparoni, Cristina Cecchini, Paolo Pagnini, Guerrino Amadori, Riccardo Gravagna, Francesco Coli (l’avvocato), Stefano Bastianoni (Steve), Giulio De Angelis, Roberto Farabini, Elia Fratta, Fabrizio Fratta, Luigi Del Vecchio, Michele Fuligni, Giorgio Giommi, Luigi Andreani, Luciano, Pazzaglia, Paola Valentini, Luigi Diotalevi, Quinto Piermaria, Carlo Pagnini, Galliano Cecchini, Ivo Scherpiani, Gaetano Gentilucci, Franco Bertozzini, Carlo Piazzesi, Simona Meloni, Paolo Cappelloni, Silvana Ianiello, Maura Garofoli, Rita Fusco, Novella Garavini, Vittorio Pallotti, Brunella Quieti, Giulio Ottaviani, Corrado Porfirio Giardini, Marco Mariani, Stefano Ferrari, Roberto Bagazzoli, Franco Filippetti, Maurizio Francioni, Carlo Simoncelli, Enzo Curini, Paolo Angeletti, Luigi Luminati, Silvano Clappis, Marina Morgese, Maurizio Barbagli, Vito Nacci, Gerry Gennari, Cinzia Montani, Bernardina Rupalti , Marina Bertini, Elio Giuliani, Luciano Murgia, Tiziana Mariotti, Roberto Sabbatucci, Fabrizio Quaranta, Claudio Salvi, Benito Bartolacci, Andrea Spalvieri, Daniela Santolini, Maurizio Eureka, Stefano Ovani.