di Adriano Biagioli
Nudi nel Foglia in pieno giorno. Tranquilli, non c’è da preoccuparsi per la salute dei bagnanti (o per la loro fedina penale), perché la scena che vedete riprodotta in un disegno ad acquerelli del Mingucci è antica, risale a qualche secolo fa (al 1626, per la precisione).
Ce ne parla Renzo Savelli, maestro in pensione, politico in servizio permanente effettivo (per Rifondazione) e storico di Fossombrone e dintorni.
Savelli, ci racconti del Foglia come appare dalle immagini di Francesco Mingucci.
"Vediamo la foce, ripresa in sponda destra e da monte poco prima del ponte che va verso Rimini. Si tratta di una scena piena di vita, fatta proprio per incantare l’osservatore dell’illustrazione. La descrizione non lascia dubbi su quale sia l’argomento, perché sulla circonferenza della bussola sta scritto “Ponte della Foglia“. Sulla destra si vede un bel tratto della cinta muraria pentagonale roveresca, con vari merli e una porta d’ingresso delimitata da un ponte levatoio".
Un’istantanea affollata...
"Il ponte è molto trafficato: curiosi che osservano dall’alto le varie scene che si svolgono sotto di loro, viandanti a piedi e alcuni armati, gente a cavallo o sopra una specie di carrozza coperta alla meglio, una specie di omnibus in anticipo di 250 anni. La palata (distesa di pali, ndr) del porto canale, che si vede fino alla foce con barche ormeggiate sui due lati, anzi un paio stanno rientrando, comincia un po’ prima del ponte e lì si trova un pescatore che ha installato un palo dal quale fa scendere una “bilancia“, cioè una grande rete quadrata collegata a due aste piegate a semicerchio e sostenute da una corda che l’uomo immerge o solleva. Così poteva pescare in abbondanza, secondo una tecnica antica diffusa nei fiumi. Ma c’è anche chi, seduto a riva, pesca con la canna, attrezzo ancor più diffuso".
Ma veniamo ai “nudisti“ ante litteram.
"Nella scena del bagno nel fiume sono coinvolti ben 7 uomini nudi che entrano nell’acqua dove è ancora bassa e camminano per raggiungere posti più profondi, altri si tuffano e già nuotano. Sulla riva sinistra uno si è già spogliato e sta andando al fiume mentre un altro con ancora il cappello in testa si sta spogliando e presto anche lui sarà fra le onde del Foglia. In sponda destra un bel mucchietto di vestiti che nessuno controlla, fra i quali si nota chiaramente un cappello (tutti gli uomini presenti nella scena portano il cappello), dimostra che la maggior parte dei bagnanti si è spogliata da quel lato. La scena si svolge in pieno giorno. Dal ponte qualcuno li addita. Una coppia di nobili o borghesi, elegantemente vestiti, in piedi sulla riva osserva attentamente le varie scene che si svolgono lungo il Foglia. Nessuno sembra scandalizzato nel vedere tutti questi uomini fare il bagno e nuotare nudi nel fiume".
Ma era davvero possibile a un suddito dello Stato di Urbino nel XVII secolo assistere a una scena simile o si tratta di una “licenza poetica“ del Mingucci?
"La seconda, direi. Il bagno lungo il corso dei fiumi, dei torrenti e dei ruscelli era una pratica molto diffusa, attestata proprio a partire dalla fine del ‘500, sia per motivi igienici che per combattere la calura estiva. I registri dei morti delle parrocchie sono pieni di annegati, ma si tratta sempre di uomini. Le poche volte che la morte riguarda le donne significa che si è trattato di una disgrazia mentre guadava il fiume o lo attraversava con un carro. Nessuna registrazione parla di uomini ritrovati nudi al fiume, il che significa che facevano il bagno vestiti (con le brache) in modo da non dare scandalo ai viandanti".
E se lo facevi nudo?
"Un cinquecentesco giardino di piaceri, realizzato a Fossombrone dal colonnello Polidoro Rufo, era così descritto da messer Tommaso Azzi nel 1590. “Dal medesimo Colonnello fu lasciato al Cattabeni un vago giardino congiunto con la porta d’Urbino, nel quale sono belle fonti, che piovendo chiare acque, e fresche, co’ dolce mormorio recano molto piacere, co’ la vista d’una uccelliera, ripiena di varie specie di uccelli, et una peschiera di vari peschi (sic!), et più sorte d’alberi gentili, che producono belle et saporite frutta, et per il piacere dell’odorato si sentono soavi odori di gelsamini, di rose et altri fiori. Con la vista poi del Metauro, dov’il giardino risponde, et hà commoda uscita da poter andarsi a bagnare“. Insomma, il giardino comunicava col fiume ed era frequentato dai giovani e dalle giovanette della nobiltà forsempronese, ma l’accesso al fiume era solo per gli uomini. Se facevano il bagno di notte, potevano anche essere nudi perché le città erano completamente al buio e potevano essere illuminati solo dalla luna. Ma se venivi visto ignudo in acqua era previsto un processo con sicura assegnazione di pene".
Lo sappiamo come?
"È quanto accadde a due forsempronesi non meglio precisati, come ci racconta una lettera spedita il 6 agosto 1546 dal duca Guidubaldo II Della Rovere al podestà di Fossombrone. Nella missiva lo invitava a informarsi “se quei doi giovani che sono condannati per essersi andati a bagnare al fiume, vi andorno (andarono) di notte a tempo che non vi erano Donne o vero altrimenti et referischi (riferisca)“".
Dunque?
"Si può ipotizzare che avessero chiesto la grazia al duca d’Urbino adducendo a discolpa che si erano recati al fiume di notte e che non erano stati visti da donne. Non conosciamo il risultato di questa indagine, cosa abbia risposto il podestà e come sia finita la vicenda legata al fiume Metauro dei due forsempronesi, ma non credo proprio che 80 anni più tardi i pesaresi fossero autorizzati a fare il bagno nudi nel Foglia!".