REDAZIONE PESARO

"Seminiamo dubbi per il bene di tutti"

L’Università di Urbino al centro della Settimana della Sociologia. Studi su come contrastare le fake news

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Prende il via oggi in tutta Italia la 4ª edizione della Settimana della Sociologia, che la Conferenza dei Dipartimenti di Area Sociologica (CIDAS) ha organizzato per comprendere i cambiamenti sociali e per discuterne con istituzioni e cittadini. Il focus di questa edizione è “Il sapere per curare il Paese“ dedicato all’impatto sociale della pandemia, ai nuovi disagi e diseguaglianze. Un aspetto sul quale in questo periodo sono stati realizzati innumerevoli studi e ricerche che hanno visto protagonista anche l’Università di Urbino, che sarà attivamente presente alla manifestazione con due appuntamenti curati dai docenti Eduardo Barberis, Fatima Farina ed Angela Genova.

Su cosa si è focalizzata l’attenzione dell’Ateneo di Urbino?

"Abbiamo preso in esami diversi aspetti – risponde Barberis –. Io ho collaborato a un’indagine sulle modalità organizzative della didattica a distanza nelle scuole. Angela Genova ha collaborato alla programmazione sociale regionale in un periodo complesso e articolato. Fatima Farina ha coordinato un gruppo di studiose che hanno discusso criticamente sulle conseguenze di quanto accaduto. Attività che saranno esposte in due seminari, il primo dei quali, quello del 10 novembre, vedrà la presentazione del volume “Siamo in guerra“, mentre il 12 novembre si parlerà di programmazione sociale".

Qual è il ruolo della sociologia in questo momento così delicato per il mondo?

"Seminare dubbi e aiutare le scelte pubbliche. Far vedere che le relazioni e l’organizzazione di una società sono importanti, che bisogna capire quanto contino le diseguaglianze. Faccio un esempio: la gestione della campagna vaccinale è stata “tecnocratica“. Ma se non prendiamo sul serio i dubbi delle persone, le additiamo e creiamo un muro contro muro non miglioriamo certo la situazione. I sociologi della comunicazione (anche a Urbino) hanno studiato la diffusione e il contrasto alle fake news: non basta snocciolare numeri pur corretti per convincere le persone".

Per Fatima Farina "la sociologia oggi ha gli strumenti per interpretare la complessità. La pandemia ci ha fatto vedere che nessuno si salva da solo, ma anche che nessun fenomeno sociale può essere compreso isolatamente. Questo è fondamentale anche per definire politiche pubbliche".

E il libro che presenta il 10 novembre come affronta il tema?

"“Siamo in guerra“ è un percorso di studiose cominciato durante il lockdown. Il discorso pubblico parlava di “guerra“, ma secondo noi la vulnerabilità sociale era drammaticamente acuita dalla rimozione della cura, non solo sanitaria. Dire che “siamo in guerra“ non permette di pensare ad alternative, a partire dai rapporti di genere che giustificano il propagandato assetto di guerra: pensiamo alla accresciuta violenza domestica, al peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro. La cultura della guerra non è l’unica opzione: l’emergenza Covid-19 ha mostrato che alla guerra dobbiamo opporre la cura".

Venerdì 12 sarà la volta del seminario: cosa si intende per programmazione sociale territoriale e che problemi ha affrontato durante la pandemia?

"La programmazione sociale indica gli indirizzi di sviluppo delle politiche sociali territoriali" chiarisce Angela Genova. "La pandemia ha aggravato i problemi sociali esistenti e creato nuove vulnerabilità. Servono nuove risposte e anche nuovi modi di rispondere ai bisogni, ad esempio coinvolgendo il terzo settore. Presenteremo anche un caso interessante, su cui hanno lavorato diverse studentesse di servizio sociale che si sono fatte le ossa sul campo: il progetto “Mombaroccio 3.0“, per il rilancio e la ripresa nei piccoli borghi marchigiani animati dal bisogno di innovazione sociale".

Tiziano V. Mancini