CLAUDIO SALVI
Cronaca

Rosetta Cucchi, la vera anima del Wexford Festival

E’ di Pesaro la direttrice di uno dei più celebri appuntamenti culturali dell’Irlanda sudorientale.

Rosetta Cucchi, la vera anima del Wexford Fest

E’ uno dei festival più antichi e blasonati d’Europa. Il Wexford Opera Festival evento dedicato alle opere rare che si tiene da 72 anni sulla costa sudorientale d’Irlanda si è chiuso anche quest’anno con un’edizione di grande successo. Al timone della kermesse la pesarese Rosetta Cucchi, direttrice artistica delle ultime quattro edizioni che quest’anno ha organizzato ben 70 appuntamenti, fra cui 3 nuove produzioni.

E’ un festival della scoperta, che propone – in una veste del tutto nuova – capolavori operistici troppo a lungo dimenticati. Nel programma la prima esecuzione in tempi moderni di Zoraida di Granata (1822) di Gaetano Donizetti firmata da Bruno Ravella. E poi l’altrettanto rara L’aube rouge (L’alba rossa, del 1911) di Camille Erlanger con la regìa di Ella Marchment. Infine La ciociara (2015) messa in scena dalla stessa Rosetta Cucchi in una nuova orchestrazione del suo compositore Marco Tutino.

Donne e guerra, Women and war, il tema di quest’anno Rosetta Cucchi un bilancio di questa edizione?

"Direi che è andata oltre le aspettative. Il tema non era facile, non certamente allegro ma impegnativo e sentitissimo dal pubblico in tutte e tre le opere che abbiamo proposto. Il significato del titolo non è direttamente riferibile a donne coinvolte in eventi bellici (e ce ne sono purtroppo anche in quelle), ma piuttosto inteso come battaglia che le donne devono affrontare quotidianamente verso ogni tipo di ingiustizia: dai pregiudizi alle violenze. Ecco in questo senso non volevamo partire dal conflitto, ma dalla forza femminile che nell’opera è coniugata in tante maniere contro la violenza".

Parliamo della scelta di queste tre opere.

"Wexford si dedica da 70 anni a proporre opere rare o dimenticate. Si tratta di capolavori che per varie ragioni sono stati tolti dal repertorio. Questa è in un certo senso la missione del festival ed anche quest’anno non poteva che essere questa la linea. Nelle tre produzioni si passava da Zoraida, donna che si ritrova a combattere per salvaguardare i suoi sentimenti, a Olga dell’Aube rouge, che ad ogni costo vuole salvare il suo grande amore dal nichilismo che lo circonda. Per arrivare infine alla più recente Ciociara, in cui due donne cercano di fuggire dagli orrori della seconda guerra mondiale. Ecco abbiamo aperto tre finestre su tre differenti epoche, musiche e soprattutto caratteri femminili".

Per La Ciocaria non si può non fare riferimento alla celebre pellicola di De Sica. E’ a quella che si è ispirata?

"Diciamo che più che al film mi sono ispirata a De Sica. Il mio racconto è vicino a quello cinematografico. Parte da lì, da un’ispirazione che è scattata riguardando la pellicola con Sofia Loren, che grazie a quel film è stata la prima attrice straniera a vincere l’Oscar. Ma dicevo di De Sica; mi ha ispirato la figura del regista; mi sono immaginata De Sica su un set vuoto a dare forma nella sua mente al racconto, a provare a immaginarsi come sarebbe stato il suo film. In fondo è quello che facciamo anche noi registi di teatro quando lavoriamo a uno spettacolo e ci immaginiamo, prima di iniziare le prove, a come sarà il nostro lavoro a come prenderà forma".

A Wexford per il suo quarto anno da direttore artistico...

"Sì sono arrivata qui la prima volta nel 1999 come aiuto regista. Una prima bella esperienza che mi ha permesso di ritornarci negli anni. E dal 2020 come direttore ho voluto creare un luogo che unisse le arti ed un festival che coinvolgesse tutta la comunità, tutta la città. Un esperimento che ha funzionato".

E Pesaro?

"La mia Pesaro la porto ovunque. E’ dentro di me".