Sono giorni di attesa infinita, tra segnalazioni infondate e mitomani senza pietà, quelli che stanno vivendo i familiari di Riccardo Branchini, il 19enne di Acqualagna scomparso nel nulla da sabato 12 ottobre, dopo aver parcheggiato la sua vettura a ridosso dell’ingresso della centrale idroelettrica del Furlo, con all’interno i vestiti e gli effetti personali. La famiglia, come anticipato su queste colonne, ha formalizzato la richiesta di svuotare l’invaso a ridosso della diga, per consentire l’esplorazione di alcune caverne che insistono ai lati del fondale.
"Ho inviato un’istanza – spiega Elena Fabbri, legale della famiglia – in cui si richiede di esplorare, dopo lo svuotamento, le aree inaccessibili del fondo, a causa dell’acqua torbida, dove si creano vortici che possono risucchiare facilmente nelle cavità naturali". Nella richiesta, che la legale ha inviato alla Prefettura, alla Procura della Repubblica di Urbino e ai sindaci di Acqualagna e Fermignano, in cui ricade il territorio interessato dalle ricerche, si spiega che si riconosce l’impegno profuso finora nelle ricerche, ma al contempo si esprime il sentire della famiglia del giovane scomparso. Famiglia che vorrebbe una risposta definitiva, riguardo la possibilità che Riccardo abbia compiuto un gesto estremo, gettandosi in quello specchio d’acqua accanto alla diga. L’avvocato Fabbri precisa inoltre che "l’impatto ambientale e i costi dell’operazione per lo svuotamento della diga dovrebbero passare in secondo piano, rispetto alle ricerche di un ragazzo di 19 anni, la cui famiglia attende una risposta così importante".
Intanto, continuano a giungere segnalazioni, che il più della volte risultano infondate oppure scarsamente circostanziate. Una delle ultime è arrivata due giorni fa dalla stazione dei treni di Pesaro. Un uomo ha inviato una foto scattata poco prima, che ritraeva un ragazzo molto somigliante a Riccardo. Poco dopo, sul posto sono intervenuti i carabinieri, che hanno identificato il giovane, che però non era Riccardo Branchini.
Altre segnalazioni sono giunte da Roma a da altre città, ma nessuna ha trovato un riscontro. Continuano, purtroppo, anche le chiamate di mitomani, squilibrati, curiosi e disturbatori. Tra le tante, quella di un tizio che ha chiamato con il numero visibile, millantando conoscenze altolocate utili alle ricerche. L’uomo, alla richiesta di fornire i suoi dati, ha riattaccato. Così come si è resa irreperibile una ragazza, ammettendo il depistaggio, la quale aveva affermato poco prima di essere a conoscenza di dove si trovasse Riccardo, descritto in condizioni precarie a Piacenza.
Si sono poi ripetute le simulazioni e le telefonate di disturbo. In una di queste, perpetrate senza ricorrere al numero anonimo, un ragazzo affermava di essere Riccardo. La messinscena si è interrotta solo quando la legale della famiglia ha annunciato una denuncia. Al fianco della famiglia, anche per gestire l’accanimento dei mitomani, ci sono gli psicologi e gli operatori dell’associazione Gens Nova, di cui la stessa avvocatessa Fabbri è membro.
"Stiamo cercando di filtrare le chiamate moleste – aggiunge la legale – che spesso arrivano anche nel cuore della notte, generando confusione e facendoci perdere tempo. Questo aspetto – conclude – mi rattrista molto, facendomi riflettere sulla mancanza di umanità, che in un momento così delicato alcune persone dimostrano".
Marco D’Errico